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HOME > La Nota della Settimana > Settimana 16°/2008

Elezioni, ha vinto la voglia di fatti

Un primo dato significativo che emerge dalle elezioni politiche dello scorso 13 e 14 aprile, a livello locale, è l’alta affluenza alle urne - per la Camera dei deputati ha votato l’85,78% degli aventi diritto - sebbene in calo di qualche punto rispetto alle consultazioni precedenti dello stesso tipo: nel 2006 è stata dell’89,48% e nel 2001 dell’88,41%. Scongiurata quindi la minaccia dell’astensionismo.


Prendendo come riferimento sempre i dati della Camera e confrontandoli con quelli del 2006, si osserva che, in città, la coalizione per Berlusconi ha conquistato il 48,68%, mentre nel 2006 i tre partiti che la compongono - Forza Italia (24,7%), Alleanza Nazionale (10,36%) e Lega Nord (7,74%) - si erano attestati al 42,8%. Indubbio exploit, all’interno della coalizione, l’hanno avuto i leghisti che hanno raddoppiato i voti, passando dal 7,74% al 15,51%.

La coalizione per Veltroni ha ottenuto il 38,57% dei voti (Partito Democratico il 33,58% e Italia dei valori 4,99%); nel 2006 l’Ulivo era arrivato al 31,48% e l’Italia dei valori al 2,29%.
Nel 2006, Rifondazione comunista (6,52%), Verdi (2,73%) e Comunisti italiani (1,5%) avevano conseguito, in totale, il 10,75 %; questa volta, invece, riuniti nella Sinistra l’Arcobaleno si sono fermati al 3,6%.
I socialisti, alleati nella precedente consultazione con i radicali nella Rosa nel pugno, sono scesi dal precedente 2,55% all’attuale 0,6%

A livello nazionale, come noto, sono queste le indicazioni emerse: vince la coalizione del Popolo delle libertà, con un’affermazione però superiore alle previsioni; la sinistra “arcobaleno” non entra in Parlamento; il Pd beneficia di uno “scivolamento” da sinistra senza crescere al centro; l’Udc perde qualcosa alla Camera, ma centra anche l’obiettivo di entrare al Senato, sia pure con una presenza simbolica.

Agli italiani - hanno sottolineato autorevoli commentatori - più del sistema politico e dei connessi problemi di riassetto istituzionale ormai è evidente, premono prima di tutto le questioni concrete. Che ruotano, in particolare al Nord, attorno ai temi del federalismo fiscale e della sicurezza. I vincitori hanno saputo intercettare queste esigenze e farsene portavoce.
Il voto dato alla Lega, è stato opportunamente sottolineato, contiene una domanda rivolta alle istituzioni e alla politica, perché riducano l'incertezza che attraversa lo spazio aperto dalla competizione globale, dai flussi delle merci e delle persone. Non che la Lega abbia dimostrato di possedere già le risposte, ma almeno ha saputo ascoltare le domande. Con i suoi gazebo, la sua capacità di presentarsi con volti giovani ha fatto passare l'idea di difendere gli interessi del cittadino.

Questa consultazione ha segnato indubbiamente un’accelerazione verso un’Italia bipolare, ma il cammino è ancora lungo e non è affatto scontato. Infatti, a parte la presenza dell'Unione di centro, l'unica che ha resistito all'urto delle due coalizioni e che non può omologarsi a nessuno degli schieramenti senza tradire la sua ragion d'essere, sia Pdl che Pd - tralasciando i condizionamenti dei rispettivi alleati - non hanno al loro interno un'identità politico-ideale condivisa proprio perché nascono dal convergere di tradizioni politiche diverse. E queste diversità - passato il momento elettorale - emergeranno e richiederanno il far sintesi senza mortificare o cancellare culture e sensibilità così presenti e vive nel nostro Paese. È questa la sfida che attende le coalizioni dopo il voto.

C’è anche un’altra interessante chiave di lettura, la sconfitta del zapaterismo, di questo “rivoluzionario voto di aprile”, che poniamo all’attenzione dei nostri lettori. «Troppi esponenti della sinistra vecchia e nuova, del radicalismo di sempre - ha scritto su Avvenire del 16 aprile, il vicedirettore Marco Tarquinio - hanno inseguito polemiche e obiettivi ideologici alla Zapatero su Dico e manipolazioni della vista nascente o morente, si sono crogiolati nella cigolante retorica sulle presunte e continue “ingerenze della Chiesa”, hanno evocato e quasi invocato il fantasma di contrapposizioni ottocentesche tra cattolici e laici, hanno fatto persino circolare - come una leggenda nera - la storia delle parrocchie, dei conventi, delle strutture educative, di accoglienza e di assistenza, delle associazioni di volontariato "privilegiate" e "nemiche" di quella gente di cui sono invece parte e che, da sempre, servono. E hanno finito - anche così - per distogliere lo sguardo dall'Italia reale delle famiglie e dei lavoratori, dalle sue pressanti domande, dalle paure e incertezze più sentite, dalle autentiche difficoltà, ma anche dalle sue passioni, dalla sua tenacia, dalle sue generosità. Il risultato è che tanta parte dell'elettorato alla fine - con simmetrica e democratica ritorsione - ha distolto lo sguardo proprio dai vagheggiatori dello zapaterismo e dai loro partiti. E ha guardato, letteralmente, altrove quando s’è trattato di decidere e di deporre (o non deporre) le proprie schede nell’urna.»

A livello locale questo voto può essere un utile indicatore degli umori presenti nell’elettorato. La distanza dei politici dai problemi reali, tangibili, urgenti dei cittadini - reso ancora più evidente dall’impossibilità di esprimere la propria preferenza per un candidato - ha portato gli elettori ad affossare la “casta” e ad affidarsi a chi ha avvertito più “vicino di casa”.
I cittadini apprezzano il pragmatismo di chi è capace di stare in mezzo a loro. La gente vuole amministratori che sappiano quanto costa la vita, che non stiano chiusi nel Palazzo, che conoscano i problemi quotidiani delle famiglie, ma attenti pure all’identità e ai valori della comunità.

Carlo & Ambrogio

Cernusco sul Naviglio, 19 aprile 2008



P.S. - “Stringetevi a Cristo” è l’invito forte ed appassionato che il nostro cardinale arcivescovo, Dionigi Tettamanzi, ha ripetuto più volte durante l’omelia della solenne celebrazione eucaristica che ha presieduto – domenica 20 aprile, alle ore 16.00, al Parco dei germani della nostra città - a conclusione della visita pastorale al decanato.
L’Arcivescovo - davanti a migliaia di fedeli, che lo hanno ascoltato con attenzione - ha avuto parole di incoraggiamento soprattutto per i nostri giovani: “siete il futuro delle nostre Chiese e della nostra società. Voi meritate da parte nostra un grande amore, una grande attenzione, una grande cura. Noi adulti dobbiamo avere fiducia in voi.”
Tettamanzi ha invitato gli amministratori locali, presenti in prima fila, a promuovere il bene comune, a mettere al primo posto i più deboli e a ricordare a tutti che oltre ai diritti ci sono anche i doveri da assolvere.
Ai presenti ha lasciato tre consegne: coltivare “il valore della comunione sempre più convinta e intensa tra le singole persone e le diverse parrocchie del decanato”; “vivere un dinamismo più missionario, così da sentirsi tutti testimoni di Gesù, apostoli del suo Vangelo”; desiderare “un’intimità più profonda con il Signore”, in modo che lui sia veramente dentro di noi e renda “la nostra vita aperta a tutti e donata a tutti”
È stata veramente, con Tettamanzi, un’insolita domenica al parco, ma su questo ritorneremo in modo più approfondito la settimana prossima.


 

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