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HOME > La Nota della Settimana > N° 14/2014

CREDIAMO DAVVERO CHE CRISTO È RISORTO?

 

«E parliamo della Pasqua. Prima cosa: a crederci sul serio, qui dovrebbe cambiare ogni cosa: la mia e la tua vita, la storia del mondo. Io non credo che ci crediamo sul serio. O almeno, io ho molti dubbi circa la mia fede. Credere è vivere, è testimoniare, è cercare di renderci sempre più conformi con cche si crede. Credere che Cristo è risorto, vorrebbe dire vivere una vita da risorti; vorrebbe dire non avere più paura della morte (O morte, dov'è la tua vittoria? Dov'è il tuo pungiglione?” – Prima Lettera ai Corinti 15,55). Anche se può sopravvivere la ferita dello strappo violento, del distacco inatteso, e quel silenzio infinito che è proprio della morte. Certo, l'ultima nemica è la morte; ma altret­tanto certo è che l'ultima pa­rola non è della morte. Non cercate tra i morti Colui che vive” (Luca 24,5): già ora Egli vi precede su tutte le vie.

Pensiamo: una Chiesa che crede davvero alla risurrezione! Sarebbe una realtà inau­dita, sarebbe veramente una rivoluzione e sarebbe una Chiesa libera, incondiziona­tamente libera, con nulla da perdere mai. Pensiamo: una Chiesa che vi­ve la vita del Risorto! Che appunto annuncia al mondo la verità in cui nessuno riesce veramente e totalmente a credere. Perché questo è il dubbio generale, onde ricor­riamo tutti ai ripari. Difficile credere che la vita vinca sulla morte, specialmente in una civiltà di morte come la no­stra. Abbiamo tutti la morte in faccia. Anche i bambini sono segnati dalla morte. Difficile credere che il bene vinca sul male: che non sono queste le cose che contano! Credere non tanto nell'avvnire quanto nel futuro del­l'uomo.

 

La distinzione tra avvenire e futuro è data dalla morte di Cristo. Ecco l'avvenire. Avevano ac­curatamente previsto ogni cosa, bisognava assolutamen­te farlo morire: “Non in gior­no di festa, perché non ci fos­se tumulto del popolo” (Matteo 26,5); bisognava anche pre­munirsi, screditarlo bene, diffamarlo davanti a tutta la gente; e poi farlo crocifiggere fuori le mura in mezzo a due malfattori, come un infame, come un maledetto. Poi chiuderlo in un sepolcro si­curo, sotto una pietra pesan­te; e poi provvedere anche a montar la guardia. Questo è avvenire: tutto previsto, tutto assicurato. Ciò che non era previsto era proprio il futuro: questo dato misterioso della storia. Così è dunque il futuro. Men­tre le donne andavano di buon mattino al sepolcro portando aromi per ungere il suo corpo (cose ancora pro­prie dell'avvenire), ecco che udirono un rombo come di gran terremoto: “Un angelo del Signore scese dal cielo, si accostò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa” (Matteo 28,2). Questo il futuro: l'im­prevedibile, il momento non pianificato. Sembrava tutto perduto, irri­mediabilmente perduto. Sembrava che solo la potenza e la violenza e l'ingiustizia, e l'infamia e la morte avessero l'ul­tima parola. Invece ...

 

Pasqua: festa del riscatto. Che vuol dire: di uno che paga per la vita di un altro. Festa della liberazione, festa del povero che vince. A proposito, sono i poveri la profezia di Dio, oscura e terribile: sempre in­combente profezia di Dio. “I poveri li avrete sempre con voi” (Matteo 6,11): a rompe­re i vostri piani, le vostre si­curezze. Pensare che non ci sarà mai pace sulla terra fin­ché ci saun solo povero che grida giustizia. E i potenti, più sono potenti più si sentono minacciati. Sono i poveri la paura dei ricchi, il loro incubo nottur­no, l'insopprimibile inquie­tudine del mondo; essi, gli anonimi strumenti di Dio contro i ricchi per cui i loro piani non riescono mai, né saranno mai sicuri dei loro possessi.

 

Ci saranno sempre guerre finché ci saranno dei poveri e delle ingiustizie da rivendicare. E Cristo è la loro immagine, che nessuno potrà mai cancellare dalla terra. Pensate, ogni domenica è Pasqua: è come se l'asse della terra si fosse spostato. La terra non gira più sotto l'impero della morte. La risurrezione di Cristo è l'unica cosa nuova sotto il sole: la causa dell'uomo che continua.» (Padre Davide Maria Turoldo, Messaggero di Sant’Antonio, aprile 1984).

 

Questo testo di padre Davide Maria Turoldo - religioso dei Servi di Maria, considerato il maggior poeta religioso della seconda metà del Novecento e scrittore fecondo e mordace (1916 – 1992) – a trent’anni dalla sua pubblicazione, conserva intatta la sua attualità. Un testo che ci può aiutare a capire e vivere il tempo liturgico, che ha nella Pasqua il suo momento più intenso.

Buona Pasqua!

Carlo & Ambrogio

Cernusco sul Naviglio, 14 aprile 2014

 

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