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HOME > La Nota della Settimana > Settimana 12/2011

IL COMUNE, ESPRESSIONE DI UNA COMUNITÀ CHE SI INCONTRA, DIALOGA, FA FESTA E PROGETTA INSIEME”


 

I giorni che stiamo vivendo, legati alla celebrazione del 150° dell’Italia e alla nostra Fiera di San Giuseppe, ci spingono - in modo certamente diverso - a ripensare alle nostre radici storiche e culturali. La consapevolezza delle radici - come giustamente è stato richiamato da più parti - è, infatti, la prima condizione di un’unità non formale , è motivo di esistenza ed è sostanza della speranza.

In questo contesto, può quindi essere significativo ripensare alle origini dei Comuni. Un tema affrontato da Benedetto XVI nell’udienza che ha concesso ai rappresentanti dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI), lo scorso 12 marzo.

«La prima idea che viene alla mente incontrando i Rappresentanti dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani, è quella dell’origine dei comuni, espressioni di una comunità che si incontra, dialoga, fa festa e progetta insieme, una comunità di credenti che celebra la Liturgia della domenica, e poi si ritrova nelle piazze delle antiche città o, nelle campagne, davanti alla chiesetta del villaggio. … E’ sempre vivo anche oggi il bisogno di dimorare in una comunità fraterna dove, ad esempio, parrocchia e comune siano ad un tempo artefici di un modus vivendi giusto e solidale, pur in mezzo a tutte le tensioni e sofferenze della vita moderna. La molteplicità dei soggetti, delle situazioni, non è in contraddizione con l’unità della Nazione, che è richiamata dal 150° anniversario che si sta celebrando. Unità e pluralità sono, a diversi livelli, compreso quello ecclesiologico, due valori che si arricchiscono mutuamente, se vengono tenuti nel giusto e reciproco equilibrio. Due principi che consentono questa armonica compresenza tra unità e pluralità sono quelli di sussidiarietà e di solidarietà, tipici dell’insegnamento sociale della Chiesa. Tale dottrina sociale ha come oggetto verità che non appartengono solo al patrimonio del credente, ma sono razionalmente accessibili da ogni persona. Su questi principi mi sono soffermato anche nell’Enciclica Caritas in veritate, dove il principio di sussidiarietà è considerato "espressione dell’inalienabile libertà umana". Infatti, "la sussidiarietà è prima di tutto un aiuto alla persona, attraverso l’autonomia dei corpi intermedi. Tale aiuto viene offerto quando la persona e i soggetti sociali non riescono a fare da sé e implica sempre finalità emancipatrici, perché favorisce la libertà e la partecipazione in quanto assunzione di responsabilità" (n. 57). Come tale, "si tratta quindi di un principio particolarmente adatto a governare la globalizzazione e a orientarla verso un vero sviluppo umano" (ibid.). "Il principio di sussidiarietà va mantenuto strettamente connesso con il principio di solidarietà e viceversa, perché se la sussidiarietà senza la solidarietà scade nel particolarismo sociale, è altrettanto vero che la solidarietà senza la sussidiarietà scade nell’assistenzialismo che umilia il portatore di bisogno" (n. 58). Questi principi vanno applicati anche a livello comunale, in un duplice senso: nel rapporto con le istanze pubbliche statali, regionali e provinciali, così come in quello che le autorità comunali hanno con i corpi sociali e le formazioni intermedie presenti nel territorio. Queste ultime svolgono attività di rilevante utilità sociale, essendo fautrici di umanizzazione e di socializzazione, particolarmente dedite alle fasce emarginate e bisognose.»

Benedetto XVI ha poi ribadito che «la Chiesa non domanda privilegi, ma di poter svolgere liberamente la sua missione, come richiede un effettivo rispetto della libertà religiosa. Essa consente in Italia la collaborazione che esiste fra la comunità civile e quella ecclesiale.»

L’altro importante tema richiamato dal Papa è stato quello della "cittadinanza". «Oggi la cittadinanza si colloca nel contesto della globalizzazione, che si caratterizza, tra l’altro, per i grandi flussi migratori. Di fronte a questa realtà … bisogna saper coniugare solidarietà e rispetto delle leggi, affinché non venga stravolta la convivenza sociale e si tenga conto dei principi di diritto e della tradizione culturale e anche religiosa da cui trae origine la Nazione italiana. Questa esigenza è avvertita in modo particolare da voi che, come amministratori locali, siete più vicini alla vita quotidiana della gente. Da voi si richiede sempre una speciale dedizione nel servizio pubblico che rendete ai cittadini, per essere promotori di collaborazione, di solidarietà e di umanità.”


 

IN CITTÀ - Ha sorpreso, non solo noi, la numerosa presenza di Cernuschesi, giovedì 17 marzo, in piazza Martiri della Libertà, alla cerimonia ufficiale, organizzata dal nostro Comune, in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Nonostante la pioggia insistente, la piazza era gremita e così pure un tratto della via. Il tutto a riprova che il senso di appartenenza alla comunità nazionale è molto più diffuso e radicato di quanto si possa pensare o lo si voglia far credere. Certo, si trattava pur sempre di qualche centinaio di persone, con presenze di tutte le età - a confronto con gli oltre trentamila residenti - ma di questi tempi radunarne un tale numero è già di per sé un successo. Non di una parte politica contro l’altra, ma bensì della gente comune, che si dimostra, nei fatti, più aperta, se non migliore, dei suoi rappresentanti.

A rendere solenne e festosa la cerimonia è stata la presenza della nostra Banda musicale, che ha suonato per ben due volte l’inno nazionale, cantato dai presenti. Dopo l’alzabandiera e l’omaggio ai caduti, con la deposizione di una corona al monumento, accompagnata dalle note del “Silenzio”, il Sindaco, Eugenio Comincini, ha rivolto il suo saluto ai presenti.

Il Primo cittadino ha posto al centro del suo intervento la nostra Costituzione, sottolineandone l’importanza e la forza. Un discorso - privo di accenti retorici e di considerazione di parte - tutto volto a riconoscere e richiamare i diritti e i doveri che ciascuno è chiamato ad assolvere in un quadro condiviso di regole. Una lezione di storia e di politica alta, a cui il nostro Sindaco, dobbiamo riconoscerlo, ci ha ormai abituato quando prende la parola nei momenti più solenni e istituzionali della vita della nostra città e del nostro Paese.

Dopo aver brevemente ripercorso il cammino storico compiuto in questi primi 150° dall’Italia unita, Comincini ha definito la nostra carta costituzionale “l’espressione più alta, posta a garanzia dei nostri diritti e della nostra libertà”. Quindi ha aggiunto che “in questo cammino storico l’unità del nostro Paese non è mai stata messa in discussione, nella consapevolezza che è proprio sull’unità stessa che si fonda la nostra forza e la nostra dignità di nazione.”

Il Sindaco ha quindi sottolineato che non ci si è ritrovati solo per “il compleanno dell’Italia”, ma anche per rinnovare l’impegno “di fedeltà ai valori fondamentali sanciti in modo solenne dalla nostra Costituzione. È la nostra legge fondamentale a legare in una realtà comune le varietà storiche e territoriali di questo nostro Paese dalle tante e colorate anime culturali. Soprattutto la Costituzione rappresenta l’espressione dell’essere cittadini italiani con i diritti e le libertà per cui battersi, per i doveri da compiere nella nostra vita quotidiana di privato cittadino, come quella di rappresentante delle istituzioni. Questa libertà, questi diritti, questa democrazia siano preservati e offerti alla generazioni più giovani come il più importante strumento di civiltà, modernità e convivenza.”

Dal Sindaco è venuto poi l’invito affinché “questo giorno sia anche l’occasione per riflettere sul nostro essere cittadini, essere parte di una comunità, riconoscerci cittadini italiani e cittadini del mondo. L’identità che ci contraddistingue , la nostra storia e la nostra ricca cultura non siano patrimonio geloso da rinchiudere in una gabbia ma talenti da mettere a frutto per dare il giusto contributo al cammino dell’umanità.”

Infine, l’augurio “di essere sempre vigili al rispetto dei principi di democrazia, che rappresentano il nostro patrimonio più prezioso affrontando con serietà e con spirito di condivisione le sfide verso il futuro”, ricordando “sempre che siamo parte di qualcosa di più grande: l’Italia. Se saremo uniti sapremo vincere tutte le difficoltà che ci attendono.”

Fugati i timori della vigilia, è stata veramente una festa partecipata, come ci hanno raccontato anche le cronache nazionali. Una festa che ha raccontato di una storia lunga e per la quale - come ha dichiarato il cardinale Ersilio Tonini che alla veneranda età di 97 anni continua a distillare saggezza - “è fondamentale mantenere viva la memoria. Sapere da dove si viene e quanto è costato arrivarci. È importante custodire i ricordi per voler bene al Paese in cui si vive. È un compito, anzi la memoria, anche istituzionale e politico. È un dovere tramandare la storia, e non solo nei libri: trovare il modo di renderla viva, perché i figli capiscano.” Ecco il compito che aspetta ciascuno di noi, per una storia che non si ferma ma va avanti.

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Nella scorsa settimana ci sono stati altri avvenimenti che hanno interessato la nostra città: dal conferimento delle benemerenze civiche, all’inaugurazione dei nuovi ascensori per disabili alla stazione della metropolitana, alla tradizionale Fiera di San Giuseppe. Ma questa volta abbiamo preferito dare spazio alla “festa dei 150 anni”, senza però rinunciare a un’annotazione.

A nostro parere, è parso decisamente fuori luogo lo spettacolo pirotecnico dello scorso sabato sera. Nell’apprensione per le drammatiche notizie che stavano giungendo sulla situazione libica e in attesa di conoscerne gli ultimi sviluppi, da un’annunciata edizione straordinaria di un telegiornale, sentire i botti dei fuochi artificiali lanciati nel cielo della nostra città, ci è parso, quantomeno, una stridente contraddizione.

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NELLA COMUNITÀ PASTORALE – Nel primo venerdì di Quaresima, la comunità si è data appuntamento per la celebrazione della Messa, alla vigilia della solennità di San Giuseppe, nella chiesa di San Giuseppe Lavoratore. È stata anche l’occasione per ricordare tutti i papà e, prendendo spunto dalle pagine delle Scritture, per riflettere sulla loro identità. Sappiamo, infatti, quante difficoltà oggi incontra nell’affermarsi la figura paterna e quanti equivoci esistano sul suo ruolo.

La liturgia parla di San Giuseppe come “uomo giusto”, “prescelto quale sposo della vergine madre di Dio”, “custode paterno del Figlio nei giorni del pericolo e nei giorni della gioia” e “posto a capo della famiglia come servo saggio e fedele”.

Dove sono i Giuseppe di oggi?”, si è chiesto e ha chiesto il diacono Dario Gellera durante l’omelia della Messa. “La ricerca della nostra vera identità - ha aggiunto il diacono - non è nell’uniformità dei ruoli ma nella consapevolezza che ognuno di noi ha una sua specificità. Dobbiamo fare lo sforzo di capire la nostra identità alla luce del Vangelo, tenendo conto di ciò che ognuno di noi è”.

Nella “Lettera a San Giuseppe - La carezza di Dio” monsignor Tonino Bello, rivolto al falegname di Nazareth scrive: “Io penso che hai avuto più coraggio tu a condividere il progetto di Maria, di quanto ne abbia avuto lei a condividere il progetto del Signore. Lei ha puntato tutto sull’onnipotenza del Creatore. Tu hai scommesso tutto sulla fragilità di una creatura. Lei ha avuto più fede, ma tu hai avuto più speranza. La carità ha fatto il resto, in te e in lei.”

San Giuseppe - assunto civilmente a patrono della nostra città - ci aiuti ad essere padri concreti, intraprendenti, responsabili, consapevoli e ricchi di speranza!

Buona settimana!

Carlo & Ambrogio

Cernusco sul Naviglio, lunedì 21 marzo 2011


 

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