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HOME > La Nota della Settimana > Settimana 12°/2008

Pasqua, la speranza della risurrezione

 

 

«Ci sono tanti fatti, oggi, procurati da noi uomini il più delle volte, che hanno tutto l'aspetto di una società impazzita, che ama quasi fare e farsi danni. Siamo stati spettatori - ha scritto Monsignor Antonio Riboldi, vescovo emerito di Acerra -  tramite le cronache, di immani tragedie (…). Un panorama dove l'uomo ha perso la sua dignità e nobiltà di figlio di Dio, fatto a sua immagine e somiglianza. Non solo, ma la presenza dell'uomo nel mondo, di ogni uomo, la sua sola ragione di vita e quindi la sua vita è che Dio lo ama come la pupilla dei suoi occhi.

È il ritornello del Vangelo di Dio, la rivelazione di un amore di padre che ha cura e si preoccupa di noi, fino a sapere il numero dei nostri capelli. Non solo, ma che lui ci ami fino alla follia, lo dimostra il dono del Figlio Gesù, che si è messo nei nostri panni facendosi uomo, e vivendo ieri, oggi e sempre la nostra condizione umana, fino ad addossarsi tutte le nostre colpe, pagandole con la morte in croce.

Una morte necessaria, per farci conoscere poi la risurrezione. E Gesù ha provato tutta l'amarezza di sentire il Padre lontano, come se si disinteressasse della sua sorte: con un disegno su di lui che la natura umana difficilmente riusciva ad accettare. E Gesù commenta così il suo stato d'animo: Una tristezza mortale mi opprime. Restate qui, dice a Pietro, Giacomo e Giovanni, e restate svegli con me [...] Poi cominciò a essere triste e angosciato.

Una volta solo, a tu per tu con il Padre, non riesce a trattenere il grido della tristezza e la ribellione della sua natura umana ad accettare il disegno del Padre, e lo prega: Padre, se è possibile, allontana da me questo calice di dolore. Però non si faccia come voglio io, ma come vuoi tu (Mt 26,30-40).

Ma il momento più terribile, quello che fa dire a noi uomini: ma dov'è Dio? Come credere al suo amore per noi? È sulla croce. Lì, pare che Gesù abbia provato fino in fondo il silenzio di Dio nelle parole che non chiedono commento ma solo profonda meditazione: Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato!.

Al nostro modo di pensare gli uomini, può apparire incomprensibile che Dio abbandoni così il Figlio sulla croce o che da lui chieda una morte atroce.

Ma era una morte necessaria per vincere la nostra morte. Arrivare a sacrificare il proprio Figlio per noi è davvero la prova più grande che Dio ci dava del suo amore. Amore non come un semplice, superficiale sentimento, come siamo abituati noi uomini ad avere, ma un provare sulla propria carne le nostre angosce, le nostre sofferenze, le nostre solitudini e guarirle dando non una facile parola di comprensione, ma dando la vita. È necessario - aveva ripetuto più volte Gesù - che il Figlio dell'uomo venga consegnato ai sacerdoti, venga flagellato e crocifisso per poi risorgere il terzo giorno.

I veri cristiani sanno molto bene che la via per seguire Cristo è la Via crucis. Per cui non si scandalizzano delle sofferenze e delle prove; anzi, le abbracciano come un dono. Un dono anche il martirio, come è facile leggere nel martirologio. Ci vanno incontro - e lo fanno ancora oggi tanti - non solo nelle missioni, dove si incarnano nelle grandi sofferenze dei poveri e dei perseguitati, ma in tante ma tante realtà della vita quotidiana.

Più allora che silenzio o disinteresse di Dio i fatti che avvengono e ci sconvolgono sono tante volte la paziente attesa del Padre che non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva. L'amore che lega Dio all'uomo e l'uomo a Dio è fondato sulla libertà. Liberamente e gratuitamente Dio ci ama. Per la stessa natura dell'amore, il Padre non può imporci di accogliere il suo amore. Lui sa di poter ricevere un rifiuto, che poi è la nostra dannata vita, quella che ci passa sotto gli occhi. Non rinuncia, però, a tenerci in braccio, anche se per noi è difficile sentirle quelle braccia, presi come siamo dal ghetto di noi stessi. Ma lui è lì, sempre in attesa sulla porta di casa, come il padre del figlio prodigo.

È l'esperienza della vita e della storia. E la posso testimoniare quotidianamente come pastore che ha vissuto ben due terremoti, ha visto in faccia tutte le criminalità organizzate e il terrorismo. Il Signore davvero mi ha reso non solo testimone, ma mi ha chiamato a incarnarmi in tremende difficoltà che avrebbero potuto oscurare il volto di Dio. Mi ha fatto vedere e vivere tanto Dio. Ma posso affermare oggi: c'è tante volte il silenzio di Dio che è sempre preludio di grandi eventi benefici.

Di fronte a questo silenzio misterioso, carico di amore, le parole dell'uomo che pensa da uomo è bene che tacciano, affidandosi al pensiero e al cuore di Dio. Come fu il silenzio di Maria sotto la croce: era totale, doloroso abbandono alla volontà del Padre, che nel dolore prepara i cieli nuovi e terra nuova.»

 

Questa settimana abbiamo voluto fare “silenzio” e lasciare spazio all’evento che fonda il nostro essere cristiani. Lo accompagniamo con l’augurio, per noi e per tutti coloro che hanno la bontà di leggerci, che la Pasqua sia veramente l’annuncio che ridà speranza nelle situazioni senza sbocco, che infonde gioia in ogni cuore, che fa di ogni evento l’occasione di mostrare che l’amore ha vinto l’odio, che la morte è stata sconfitta per sempre dalla vita.

 

 

Carlo & Ambrogio

 

 

Sabato 22 marzo 2008

 

 

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