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HOME > La Nota della Settimana > N° 11/2014

IMPARIAMO A METTERE IL «NOI» PRIMA DELL’«IO»

 

La Fiera di San Giuseppe, che come sempre ha visto tanta gente per le strade e le piazze della nostra città, ci offre lo spunto per sottolineare quanto sia importante costruire una cultura dell’incontro, una cultura del “noi”, affinché l’incontrarsi non rimanga qualcosa di indistinto ma contribuisca a creare una vera comunità, in cui ognuno si senta partecipe dell’impegno a costruire insieme una città più vivibile.  

Una tentazione che ci prende con forza nei momenti di difficoltà e di crisi – come quello che purtroppo da parecchi anni stiamo vivendo - è quella di chiuderci in noi stessi per curarci le ferite e tentare di ritrovare dentro di noi quel nuovo impulso, quella scintilla, quell'energia nascosta in grado di riabilitarci, di farci recuperare il terreno perduto. Ma questo rintanarci, rientrando nel guscio rischia di aggravare ancor più la situazione, instillando in noi un'ulteriore dose di individualismo. Mentre sogniamo e ci illudiamo di farcela da soli, rispolverando magari il ricordo di chi si è fatto da solo e non deve dire grazie a nessuno, al tempo stesso, più o meno consapevolmente, corriamo il rischio di lacerare, di troncare quei legami di prossimità, di solidarietà, di familiarità e di condivisione i quali invece possono costituire l'autentico toccasana a tanti nostri drammi, veri o presunti.

Riscoprire il senso dell'appartenenza ad una comunità, dell'essere parte di un popolo, di una Chiesa in cammino diventa quindi motivo per ritrovare speranza nelle difficoltà, sentendoci non battitori liberi in avanscoperta, o individui aggrappati all'orlo del precipizio, ma persone in cordata, che possono avanzare se procedono insieme. In altri termini, si tratta di fare nostra quella "cultura del noi" a cui aveva accennato il cardinale Bagnasco, presidente dei vescovi italiani, nella sua prolusione all’ultimo consiglio permanente della CEI.

È “la cultura del noi" a farci scoprire che «se Dio c'entra con la vita di ciascuno... allora ognuno c'entra con la vita degli altri». E questo determina rapporti nuovi, porta a vincere l'intolleranza, rende più accoglienti, suggerisce la via prioritaria del dialogo, ci aiuta a comprendere l'autentico significato del bene comune e dei beni comuni, fa riscoprire il gusto della fraternità. Una visione della realtà che «capovolge anche il modo di fare economia e finanza, politica e lavoro», perché non sono più le logiche del «mercato selvaggio» a sopprimere chi è più debole, bensì il noi che non lascia nessuno annientato ai margini della strada. Eppure al tempo stesso non è una visione che omologa, appiattisce, annienta le differenze, annulla «le identità e le culture, le tradizioni e i valori», ma permette a ciascuno di essere ciò che è e di esprimere i propri talenti, le doti di cui è portatore. E soprattutto di riscoprire che ogni persona «non solo vive di relazioni, ma è relazione».

Una visione utopistica, un desiderio irrealizzabile, una bella favola? Forse sì, se pensiamo che nulla potrà mai cambiare, che tanto non dipende da noi, che i primi a dover cambiare sono gli altri, a cominciare da quelli che detengono il potere... Se provassimo una volta tanto a mettere il «noi» prima dell'«io», scopriremmo che vincere la crisi (valoriale e culturale ben prima che economica) non è un'impresa titanica.

Dall’attuale crisi si esce non tanto attendendo una congiuntura economica più favorevole, ma prima ancora mettendo in campo la voglia di fare, la solidarietà intergenerazionale, l’impegno concreto per gli altri. Il nostro Paese è uscito da situazioni ben più difficili e drammatiche di quella che stiamo vivendo.

A promuovere la cultura dell’incontro siamo anche continuamente sollecitati da Papa Francesco in cui il  termine incontro si lega al concetto di periferia, che allude ai dinamismi che gettano ai margini coloro che non rientrano nella logica della produzione e del consumo, a coloro che sono lontani dalla Chiesa, e persino a volte a causa della Chiesa. Papa Francesco ha più volte condannato la cultura dello scarto, rompendo lo schema che distingue coloro che danno e coloro che ricevono, sostituendolo  con la categoria dell’incontro, nel quale tutti danno e ricevono.

Buona settimana!

Carlo & Ambrogio

 

Cernusco sul Naviglio, 24 marzo 2014

 

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