CernuscoInsieme

Condividi il contenuto di questa pagina con i tuoi amici:

Torna alla pagina precedente

comunità pastorale

voce amica agorà oasi cVillage

piazzetta

dalla città

CernuscoInsieme.it - Il Portale della tua Città

Stai navigando in
HOME > Le Interviste > 8 Giugno 2015

Prete per sempre!
Quattro domande ciascuno ai nostri preti

Giugno mese di anniversari di ordinazione sacerdotale. Voce Amica ha preferito far parlare ciascuno dei sacerdoti che celebrano un anniversario significativo anziché far parlare altri di loro ponendo quattro domande le stesse quattro domande. Non certo per metterli a confronto, quanto, sentendo riecheggiare espressioni care come ricordi, per cogliere, nella diversità delle risposte, quanta ricchezza sia stata messa a nostra disposizione. Le quattro domande sono:

1 che cosa oggi ti conferma, dandoti gioia, che anni fa hai fatto la scelta giusta dicendo di si al Signore che ti chiamava?

2 che cosa si aspetta un sacerdote dalla sua comunità?

3cosa suggeriresti ad un giovane che si interroga sul futuro cercando la propria vocazione?

4tra i tanti, avrai sicuramente un aneddoto da raccontare che ti faccia (e ci faccia) sorridere ancora oggi ...

 

 

Sì, Signore vengo con te, subito!

DON LUIGI DEL TORCHIO È PRETE DA 50 ANNI. E’ STATO CON NOI DAL 1967

AL 1974 COME COADIUTORE IN SANTA MARIA ASSUNTA.

MEMORABILE LA SUA CITROEN 2CV, LA PASSIONE PER IL CALCIO, I CHIERICHETTI ED I PICCOLI CANTORI, CON CUI HA ANCHE INCISO UN PAIO DI DISCHI

 

 

Don Luigi Del Torchio celebra la Messa al campo del Centro Sportivo don Gnocchi nel giugno del 1974.

1 Mi dice, oggi, la stessa cosa che mi ha detto mezzo secolo + 14 anni fa (sono stato chiamato infatti alla tenera età di 11 anni, nel 1951, una vocazione precoce, e sono prete da 50 anni; ho perciò 75 anni).

Mi dice, cioè, gioia senz’altro, ma più ancora stupore, meraviglia indicibile.

Non posso ancora credere che il Signore abbia pensato e abbia scelto proprio me per la missione più bella, esaltante e necessaria in questo mondo in vista dell’altro mondo.

2Io rispondo per me stesso. lo mi aspetto che la Comunità cristiana desideri conoscere Gesù, si impegni a conformarsi a Lui, lo ami su questa terra nella speranza (teologale) di goderLo in Paradiso. Sono diventato prete per questo!

3Mi dispiace, ma per suggerimenti del caso gli direi di rivolgersi ad un altro sacerdote il cui percorso vocazionale è stato diverso dal mio.
lo non ho avuto neppure il tempo di cercare, perché a soli 11 anni
anni il  Signore Gesù mi ha sedotto e mi ha detto: “Luigino, tu mi piaci, ti risparmio la fatica di cercarmi, vieni dietro a me, subito!” E lo: “Sì, Signore vengo con te, subito, perché no?”. E sono partito per il Seminario tra l’incredulità di tutti. Ma a me non importava proprio niente di ciò che credeva o non credeva la gente. L’importante era per me che ci credesse Lui!

4 Mi è difficile la scelta tanto sono numerosi, perché dovete sapere che tra i miei confratelli di Cernusco c’era un certo don Fermo Pedroli che una ne pensava e cento ne combinava.
Scelgo un aneddoto che non c’entra niente con don Pedroli (lasciamolo riposare in pace!). Questo aneddoto (dal titolo: Il rigore del prode Anselmo) non fa propriamente sorridere me, ma forse farà sorridere voi ed ha a che fare con la mia nota passione calcistica. Sacer, dunque, un pomeriggio come tanti altri, anzi non propriamente, perché quel pomeriggio trovo sul vecchio, decrepito campetto (fortunatamente defunto) un giocatore particolare: Anselmo, il prode Anselmo, ospite del “Fatebene”. Era intento a calciare i rigori ad un ingenuo ragazzino, portiere alla prime armi. Mi meravigliavo che l’Anselmo, brocco per natura, facesse sempre goal. Lui, l’Anselmo, si accorse della mia meraviglia e in una pausa mi si avvicinò e sottovoce, così che nessuno lo potesse sentire, mi disse in dialetto: “Don Luis, mi g’ho un secret per tiràa i rigori! “Quale?” - gli dico io.
“Apena ciapi la rincorsa ghe disi al purté: varda un ratt e fo segn dalla part destra, poeu tiri a sinistra e fo semper goal!”. Penso tra me e me: bel segreto, che funziona con i pesciolini come
quel povero ragazzino, ma non ti provare a farlo con me! Così prima di terminare la seduta, facendo finta di aver dimenticato la parentesi della pausa, gli butto lì: “Prode Anselmo, perché non tiri un rigore anche a me?” Al prode Anselmo non parve vero che don Luigi si degnasse cimentarsi con lui; solo, per il rispetto che mi portava, mi fece capire di recedere dalla proposta non volendo infliggermi un’umiliazione.
“Guarda - gli dico - oggi sono in vena di umiliazioni; tira ‘sto rigore, te lo paro e poi andiamo a casa!” Anselmo posiziona il pallone sul dischetto del rigore, prende la rincorsa, subito inizia il rito: “varda un ratt” e indica la parte destra Io mi sposto con nonchalance a sinistra ... e il pallone si insacca a destra e fa goal. “Non vale!” gli dico tutto mortificato, e parlando in dialetto per farmi meglio capire, l’apostrofo “te duvevet tiràa a sinistra!”. “No, don Luis -mi risponde- vale e come se vale, perché mi ho capì che ti te capii e t’ho tiràa a destra; adess podom anda a cà”. Servito!
don Luigi Del Torchio

 

Vivo il mio essere prete come una festa

DON LUIGI CALDERA È PRETE DA 40 ANNI. E’ STATO CON NOI DAL 1999 AL 2008. GIUNTO COME PARROCO IN SANTA MARIA ASSUNTA, HA POI GUIDATO LA COMUNITÀ  PASTORALE NEL SUO COSTITUIRSI.

ATTUALMENTE È PARROCO A CESANO BOSCONE

 

 

 

 

Don Luigi con i pellegrini a Santa Rosalia (Palermo) nell'ottobre 2007

Cara Redazione,
constato con piacere che siamo rimasti uguali, ma soprattutto che vi ricordate degli anziani. Mi chiedi che cosa mi dice, dandomi gioia, che anni fa ho fatto la scelta giusta dicendo di sì al Signore che mi chiamava. In effetti si fa presto a dire ‘prete’. Si fa presto anche a dire ‘da 40anni’. Anzi, si fa ancora più presto, perché (può sembrare un modo di dire, ma non lo è) sono davvero volati: ricordo benissimo il primo giorno in cui ho messo piede all’Oratorio san Luigi di Cinisello Balsamo tentando di dare una mano a scaricare il camion che arrivava dal campeggio (e qualcuno, ancora oggi, mi dice che li ho imbrogliati con quel tentativo) e quel freddissimo febbraio in cui sono arrivato a Cernusco sul Naviglio, Cesano Boscone è ancora l’oggi.

VIVO L’ESSERE PRETE COME UNA FESTA

1 Per rispondere alla tua domanda, sono convinto di aver fatto la scelta giusta perché mi diverto ancora, se si può dire così. Se al verbo divertirsi si dà una connotazione negativa, come se volesse dire spostare l’attenzione, distrarre, allora ti dico che vivo il mio essere prete come una festa (Cesano mi avrà pur insegnato qualcosa quanto a feste!).
Innanzitutto perché mi sento amato da Gesù che, dopo avermi scelto proprio da ‘piscinela’ (alle elementari, quando la maestra ci chiedeva che cosa volevamo fare da grandi, io rispondevo ‘il prete’ e non chiedermi perché), ha continuato a donarmi la sua amicizia e il suo sguardo d’amore, tenendomi per mano anche quando si è presentato qualche momento di fatica. Una festa, perché dappertutto mi sono sempre sentito voluto bene dalla gente, dai collaboratori (in particolare devo dire un grazie assoluto a tutti i preti con cui sono stato), ma anche da chi non condivide il mio modo di essere e le mie scelte. Una festa perché ho sempre goduto della stima dei superiori.

LA COMUNITA’

2 Mi chiedi poi che cosa si aspetta un prete dalla sua comunità. Oggi (ma penso che in ogni momento di questi 40 anni ti avrei dato la stessa risposta) ti dico: che sia una comunità! Cioè che si raduni attorno alla Parola di Dio, ai Sacramenti, che metta il tutto prima della parte, che non si divida in ‘cordate’ (l’ha detto papa Francesco una mattina di questo mese). Se le nostre comunità fossero davvero unite, saremmo mille volte più significativi e propositivi anche per quel campo che è il mondo. Mi spiace sempre molto che i laici siano i primi a non credere nei laici, a non fidarsi degli altri. ‘Non lasciatevi rubare la comunità!’ (è sempre il Papa).

GIOVANI E VOCAZIONE

3 Vuoi sapere che cosa suggerirei ad un giovane che si interroga sul futuro cercando la propria vocazione. Anche ai fidanzati dico che devono vivere la speranza, avere fiducia, essere ottimisti e non far dipendere tutto dai soldi; suggerisco di non aver paura di scegliere ‘per sempre’, rifiutando la cultura del provvisorio, come dice papa Francesco, e aggiungendo di mio che quest’ultima non porta alla felicità. Se poi ci rivolgessimo a un giovane che sta valutando la possibilità di farsi prete, direi di avere il coraggio di fidarsi di Dio, con quel pizzico di incoscienza che serve per uscire dal piccolo cabotaggio e andare in mare aperto. Servono generosità e sacrificio.

UN ANEDDOTO

4 Ti interessa un aneddoto: eccolo.
Sono in confessionale con la porta aperta e vedo una signora che entra in chiesa tenendo al guinzaglio un cane. La signora nota la mia espressione (ma perché mi si legge in faccia quello che penso?) e dice: ‘Vado solo ad accendere una candela…’. ‘Ma non può lasciarlo a casa quando viene in chiesa?’ faccio io. ‘No, non sta mai da sola, io e lei viviamo insieme’. Evito di commentare e dico: ‘lo leghi lì fuori al corrimano sulla scala’. ‘No, piangerebbe’. Per non innervosirmi apro il breviario sul telefonino e dopo pochi secondi mi ritrovo la signora, sempre col cane al guinzaglio, davanti: ‘Già che ci sono posso confessarmi?’. Gesù stava con tutti, il papa ci richiama continuamente alla misericordia, come faccio a negare l’incontro con la grazia di Dio a questa donna? Faccio il segno della Croce e chiedo: ‘Lei come si chiama?’. Prontamente la signora risponde: ‘Lula!’. Esterrefatto, chiedo alzando la voce e indicandola con l’indice: ‘Signora, lei si chiama Lula?’. ‘No, il cane!’

Ciao!
d
on luigi caldera

 

La gioia di celebrare quotidianamente l’Eucaristia

DON ETTORE COLOMBO È PRETE DA 30 ANNI. E’ STATO COME PARROCO ALLA MADONNA DEL DIVIN PIANTO DAL 2004 AL 2008, E’ POI RIMASTO A CERNUSCO COME RESPONSABILE DELLA COMUNITÀ PASTORALE FAMIGLIA DI NAZARET. IN PRECEDENZA ERA STATO ANCHE A BIUMO SUPERIORE IN PROVINCIA DI VARESE.

IMPORTANTE L’ESPERIENZA VISSUTA COME SEGRETARIO DEL CARDINAL CARLO MARIA MARTINI DAL 1992 AL 2004

 

Don Ettore con Monsignor Faccendini faceva il suo ingresso come Parroco della Comunità pastorale il 12 ottobre 2008

1 A distanza di trent’anni dalla mia ordinazione sacerdotale ciò che mi infonde ancora gioia, insieme a un senso di continuo stupore, è la possibilità di celebrare quotidianamente l’Eucaristia.
Il poter vivere questo intenso momento di comunione con il Signore nell’ascolto della sua parola e facendo memoria del suo gesto di completa donazione è qualcosa che non ha prezzo, specialmente quando viene celebrato all’interno di una comunità cristiana con cui si condivide il cammino di fede. Anche se a volte mi capita di dover celebrare più di una Messa durante la giornata, non ne ho mai avvertito il peso o la stanchezza. Magari fisicamente sì, ma nel cuore mi rimane un sentimento di pace e di serenità che difficilmente riesco ad avere in altri momenti della giornata. È questo il momento in cui rileggere e fare sintesi, giorno dopo giorno, dell’intera mia esistenza, mettendomi con verità davanti al Signore. Non c’è come questo momento a convincermi di aver fatto la scelta giusta rispondendo alla chiamata del Signore.

2 Probabilmente le attese che stanno nel mio animo e nell’animo di ogni sacerdote sono molte e potrebbero essere espresse con tante parole. Ma se devo sintetizzare tutto in ciò che è essenziale, mi aspetterei semplicemente che la comunità cristiana diventi santa e che, allo stesso tempo, mi aiuti a diventar e santo proprio nell’esercizio del mio ministero. Non c’è altra chiamata più importante nella vita degli uomini e delle donne di ogni tempo. Più ancora, mi pare bello che la comunità cristiana riconosca il dono della santità che ha già ricevuto attraverso l’azionedello Spirito e lo metta in atto, come servizio a tutti coloro che la compongono e a quanti ancora stanno ai margini. Sarebbe bello poter dire di ogni persona che si incontra nella comunità: “Mi ha aiutato ad essere migliore, a vivere quella santità che mi è stata data in dono con il Battesimo e a cui sono chiamato come punto di arrivo della mia vita”.

3 I giovani che si interrogano sul futuro cercando la propria vocazione non sono pochi. Anzi, sono più di quelli che ci immaginiamo. Il problema, forse, è che sono continuamente ripiegati su se stessi e guardano solo alle proprie capacità per vedere se possiedono le condizioni per accettare una particolare chiamata di Dio. In realtà, dovrebbero prima di tutto “uscire da sé”, come invita a fare ogni chiamata. Più concretamente, mi sentirei di suggerire loro un ascolto assiduo e costante della parola di Dio, attraverso l’esercizio quotidiano della lectio divina, e una profonda e umile attenzione ai bisogni di chi gli sta accanto, specialmente ai bisogni spirituali. Solo così, infatti, si ha il coraggio di partire: non guardando verso di sé, ma dirigendo il proprio sguardo a Dio e agli altri.

4 L’aneddoto che mi viene da raccontare non riguarda la mia vita da prete, ma va molto più alle origini, a quarant’anni fa, al giorno in cui sono entrato in Seminario, a Seveso, nella sede di San Pietro Martire. Mi è stato riferito solo dopo la mia ordinazione. Quando sono entrato in seminario i miei parenti – mio papà, mia mamma, mia sorella, ma anche i miei zii e le cugine che mi hanno accompagnato – erano molto emozionati, molto di più di quanto lo ero io, appena quattordicenne. Mia mamma, in particolare, mi disse che non capiva più niente e, entrando nel grande stanzone dove vi erano i letti dei seminaristi – una sessantina in tutto – ha scambiato la parola “Benvenuto” posta sopra ciascun letto con il nome dei ragazzi, e ha chiesto a mia zia: “Ma qui si chiamano tutti Benvenuto?”.
Poi, dopo avermi salutato, sono partiti tutti in macchina, trattenendo a stento la commozione. Percorsa poca strada, si sono fermati ai bordi di un campo e, scesi dalle macchine, sono scoppiati tutti a piangere, al punto che una signora anziana di passaggio ha chiesto a mia zia se fosse successa una disgrazia. Subito mia zia gli ha risposto: “Abbiamo portato mio nipote in seminario” e questa donna, con un tono di grande gioia, ha esclamato: “Almeno ce ne aveste portati altri cento!”. È l’augurio e la preghiera che mi sento di rivolgere al Signore perché tanti giovani possano rispondere con gioia alla chiamata del Signore e compiano una scelta così bella.

Don Ettore Colombo

 

Sito continuativamente attivo dal 1 gennaio '01  -  Best View:  800x600 - IE 6