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Sergio Pozzi: Un nuovo libro sui vecchi amici dell’oratorio

UNA PREZIOSA RACCOLTA DI RACCONTI E IMMAGINI PER AIUTARCI A CAPIRE LA STORIA DI CERNUSCO

Prima della presentazione ufficiale del libro “Gente del mio Paese, Gente del mio Oratorio” fissata all’Agorà il prossimo 28 settembre, abbiamo incontrato Sergio Pozzi, classe 1945, ex ragazzo dell’oratorio, per anni impegnato nel campo educativo giovanile e nel volontariato missionario, stimato e conosciuto ”cernuschese doc”.

 
Sergio Pozzi verifica la prima copia del suo libro, appena sfornata dalla rotative

 

1)     Quali sono state le motivazioni che ti hanno spinto nel realizzare questo libro?

L’idea di fondo completa, la si coglie senz’altro leggendolo. Sinteticamente ho inteso dimostrare quanto è il Bene che sta dentro, che ha fatto e che fa continuamente – in modo disinteressato e silenzioso – tanta Gente di questo nostro fortunato paese di Cernusco. Gente semplice, forte, convinta, radicata. Gente trasversale, costante fedele e resistente alle “tempeste” e ai cambiamenti. Gente dedicata che si è spesa per il servizio vero e profondo per gli altri, senza apparire o aspettarsi riconoscenze. Spero di esserci riuscito.

 

2)     E’ un impegno che parte da lontano, quanto tempo hai dedicato alla preparazione?

Racconto un episodio chiave. Nei primissimi anni ’70, complice papà Marino Mandrini che lavorava all’IBM da poco rientrato dagli Stati Uniti, per le esigenze di segreteria dell’Oratorio acquistammo, suo tramite, una macchina da scrivere IBM rossa con la testina rotante, allora novità assoluta, oltre ad un nuovo ciclostile a ricalco blu della Gestetner. Quella spesa, naturalmente avvallata da Don Giuseppe Locatelli allora Prete dell’Oratorio, fece scalpore presso i giovani più radicali e poco contava che le attrezzature servissero agli stessi ragazzi per produrre i giornalini allora in voga. In quel tempo si votò anche per la composizione di uno dei primissimi Consigli Oratoriani: quale migliore occasione democratica per “farmi fuori”? Capii che il mio tempo, per quel tipo d’impegno diretto e totalizzante durato 15 anni, si stava esaurendo. Era ora di fare fagotto e di mollare il mazzo anche perché avevo - e ho ancora - la convinzione che l’avvicendamento delle Persone è linfa vitale per il rinnovo di ogni Istituzione. Conoscevo tutto e tutti, verbali e archivi oratoriani del presente e del passato anche remoto. Una miriade di fatti, attività e iniziative. Da allora ho sempre pensato di scrivere e lasciare traccia in quanto mi accorgevo che non restava memoria della storia oratoriana essenziale, importante, complessiva e collettiva. Un sogno sempre rimasto nel cassetto. Per di più e in aggiunta al tarlo remoto, recentemente mi sono rammaricato perché con l’Oratorio e la Parrocchia, nonostante idee e proposte più volte discusse con altri Amici, non si è mai riusciti a dare concretezza e attestazione storiografica a due avvenimenti importanti: i 100 anni dell’Oratorio nel 2002, raccontati solo in una Mostra storico-fotografica peraltro bellissima e in un mio video, e i 50 anni del Campeggio nel 2010, di cui è rimasto (oltre a V.A.) una splendida serata all’Agorà e solo un altro mio video. Troppo poco. Da ultimo la sana provocazione di Loris Navoni, giusto un anno fa, con il suo libro “Le scale della casa del Prete”. Per produrre il video-clip di quest’ultimo avvenimento, cercando i supporti  fotografici, mi sono accorto, quasi inconsciamente, di aver trovato il bandolo della matassa e l’incipit per il libro. Sono seguiti mesi convulsi d’impegno totale e coinvolgente, quasi monastici, fino alla stampa. Un anno di impegno.

 

3)     Nel libro ci sono moltissime fotografie, sappiamo che raccogliere e documentare materiale fotografico è una delle tua passioni; è stato più facile scegliere o escludere immagini?

Il materiale video–fotografico personale che ho sempre curato e quello bellissimo, enorme e importantissimo archiviato e classificato per i due avvenimenti cardine appena richiamati, è uno dei pilastri del libro. Un vero “patrimonio dell’umanità” cernuschese. Non posso qui non ricordare le fotografie messe a disposizione volontariamente e gratuitamente da tanta Gente e in modo particolare da Paolo Mandrini e Giovanni Ghezzi: con loro è il filone è diventato indissolubile, anche se Paolo non c’è più. Scegliere le foto adatte per abbinarle e contestualizzarle ai racconti – molti da scrivere in quel mentre - è la chiave positiva, sincera e trasparente del libro. La composizione dei temi, lunga e ricercata, così come quella grafica che ho voluto-dovuto imparare per forza data la mia inesperienza nel campo editoriale, ha però facilitato la scelta delle fotografie che dovevano essere mirate, quasi a tutti costi anche a scapito della qualità dell’immagine specifica, al Soggetto primario del racconto. Per l’elaborazione, rielaborazione, ritaglio, inquadratura più consona mi ha aiutato in modo paziente e competente Giovanni Ghezzi, che pubblicamente ringrazio.

 

4)     C’è un collegamento ideale di continuità con il precedente libro “La gente della mia strada”? Quali sono i punti di contatto e le differenze tra questi due libri?

Senza dimenticarci del mio primo libretto (poi brutalmente copiato e scippato) sulle “Santele, altar e altaritt” che “fotografava” la pietà popolare religiosa dei cernuschesi con affreschi e quadri ormai irrimediabilmente persi, ricordo che l’allora sottotitolo di quel mio secondo libro del 2003, era “Donne uomini e Gentilom”. L’ambito di quei racconti, visti con gli occhi da bambino, era ristretto, legato all’infanzia e alla via Briantea. Anche quest’ultimo, inizialmente aveva un sottotitolo: “Ricordi, Racconti, Radici”, poi abbandonato. Il nuovo lavoro riguarda ambiti del nostro Paese “più larghi”, in parallelo con la crescita e la formazione personale e sociale, ma al centro c’è sempre la “Gente”. Nella fase di abbozzo, mi sono consultato con Amici, oratoriani ed esterni, ai quali ho esposto l’idea ricevendone consigli e dritte. Rispetto a “La Gente della mia strada”, ho maggiormente cercato l’esatta ambientazione, il tempo e il luogo giusto. La differenza più importante? Da bambino si accettava tutto positivamente perché erano i grandi a “comandare”. Ora non è stato possibile fare a meno di semplici analisi commenti e critiche su taluni limitati fatti. Valutazioni e giudizi che propongo in modo intellettualmente onesto e per “come la vedo io”, anche se potranno non essere condivisi. Ho sempre però inteso distinguere fra “peccato e peccatore”. Credo che tutto ciò faccia parte dell’essere di una persona adulta, sempre in ricerca, che si mette continuamente in discussione e che non teme di confrontarsi.

 

5)     Molti testi sono stati attinti da precedenti articoli apparsi su Voce Amica, scritti da te o da altri amici. Ancora una volta il nostro “bollettino parrocchiale” si è rilevato un importante archivio storico!

Ho già detto che diversi racconti erano ancora da scrivere, perciò sono inediti. Fin da subito, ma già lo sapevo avendo lavorato due anni fa per i 50 anni del Campo Sacer, ho trovato, in Voce Amica, un supporto fondamentale per “centrare la storia della Gente”. Per evidenti ragioni ho sfogliato l’archivio in modo sollecito e correlato al tema. Indubbiamente siamo di fronte ad un patrimonio cartaceo assolutamente invidiabile e da sempre ben fatto e ottimamente custodito. Frutto di un impegno continuativo di centinaia di Persone che lascia ammirati e stupefatti. Che dire di più? Talvolta tralasciavo la ricerca specifica davanti ad un articolo, un ricordo o uno scritto che mi veniva sott’occhio e sul quale mi soffermavo. Un esempio? Mi è rimasta impressa la veste grafica, invero un po’ lugubre, assunta (o imposta?) a Voce Amica nel  ventennio fascista. E’ un archivio che intendo ripercorrere e continuare nella digitalizzazione per ulteriori ricerche, magari in modo collettivo e mirato. Preciso che la disponibilità dei testi di Voce Amica ha comunque richiesto un notevole impegno di riscrittura e ricomposizione anche attraverso il riconoscimento ottico-digitalizzato dei caratteri per la trasposizione con la rinnovata veste grafica.

 

6)     Numerosi sono gli ambiti di impegno e di volontariato evidenziati nel libro, la parte dedicata ai nostri Missionari è rilevante; non è solo un caso?

Trovare nomi, riferimenti, necrologi, immagini sbiadite e semplici richiami dei nostri Missionari fin dai primissimi numeri di Voce Amica - che per la specificità del tema ho cercato di riprodurre e richiamare nel libro anche se in modo incompleto - è stata una delle cose più affascinanti e non nego una certa emozione nello scoprirli. La ricostruzione della loro storia, della loro vita, della loro provenienza, della loro “missionarietà” dispensata per amore anche in nome e per conto nostro, è uno dei temi caldi che spero sarà condiviso (chi vuole partecipare si faccia avanti) all’interno della Comunità Pastorale. La storia di Madre Andreoni della Cascina Castellana, la “Santina cinese” come l’ha definita Don Nando Macchi, è emblematica. Sono storie che meritano divulgazione. Sono storie di santità che non hanno bisogno degli Altari. Sono le nostre “Radici”.

 

7)     A libro terminato, sfogliandolo, pensi che ci sia ancora qualche aspetto che si abbia bisogno di ulteriori approfondimenti?

 

Ho volutamente e necessariamente “chiuso” il libro al raggiungimento di 100 racconti più uno, arrivando a 400 pagine, un bel tomo, visto che pesa quasi due kilogrammi. Salvo i Missionari, ho evitato di raccontare il Bene elargito dalle Persone ancora vive: inutile spiegare il perché. Una certa difficoltà l’ho incontrata per possibili facili riconoscimenti, preferendo scartare racconti che pure avevo in mente. Ho dedicato un apposito capitolo alle Persone e agli Amici che ormai “vivono nell’infinito”. Sono pagine che nella loro essenzialità mi sono molto care e “parlano da sole” anche se, a libro chiuso, mi sono subito accorto che mancava qualcuno. Ho semplicemente sorvolato (mi perdoneranno) sui Preti dell’Oratorio non del mio tempo: spero che rimedieranno, a questo “buco”, i loro ragazzi fra qualche anno. Nella lista del Bene compiuto, fortunatamente manca sempre qualcuno. Nella testa e negli appunti sono rimasti altri episodi e altra Gente. Mi spiace, ma per ora va bene così.

  La copertina dell'ultimo libro  

 

8)     Una volta ci si chiedeva “ma la nostalgia è un peccato?”. Cosa ne pensi?

A Cernusco, nascevano i “liberi” al centro della difesa delle squadre di calcio. Ora nascono Registi e Direttori: Maggioni Daniele, Gasperi Fosco, Nani Oscar, tanto per fare qualche nome. Li ho invitati alla presentazione già da tempo anche perché alcuni di loro sono presenti nel libro. Uno di questi mi ha risposto: “Vengo solo se si parla di “Radici”, niente ricordi, niente nostalgia, niente bei tempi, niente rimpianti. E’ stato un po’ duro, ma anch’io la penso così.

 

9)     Anche l’impegno economico ha il suo peso; hai avuto qualche sponsor?

Chiunque acquista un libro “fotografico”, si rende conto dei costi, soprattutto se rapportati alla dimensione del volume, alla qualità della carta e al numero delle pagine, come in questo caso. Ciò nonostante abbiamo cercato, ragionevolmente e in accordo con Don Andrea,  di contenerli al massimo, stante la tiratura limitata d’interesse solo locale. Il libro è interamente autoprodotto, autocomposto e autofinanziato con tutti i rischi annessi. Confido in una presa di coscienza collettiva, visto il tema. Le finalità derivate dalle risorse acquisite, spese vive compensate, sono predeterminate: contribuire alla realizzazione del Nuovo Oratorio Sacer e, nel caso, alle esigenze dei nostri Missionari. Uno degli sponsor che ha promesso il contributo e sul quale contavamo molto, si è dileguato. Ipotizzo, col tempo, di riuscire a regalare molte copie ad Anziani  e a Persone che non possono acquistarlo. Se si è a conoscenza che qualcuno lo desidera e non può, basta segnalarlo.

 

10) Da cernuschese hai avuto modo di osservare da vicino la vita della nostra comunità: ha ancora senso l’esperienza educativa dell’oratorio?

Una  forte motivazione che mi ha portato a scrivere il libro è stata appunto la trasmissione, come la madre cinghia delle vecchie officine, dell’esperienza educativa e cristiana dell’Oratorio, basata su fatti ed esempi concreti perché “Nessun uomo è un’isola”. Spero che molti, magari non cernuschesi d’origine, trovino qui elementi positivi per meglio inserirsi e capire la nostra Comunità, non solo strettamente cristiana. Spero che qualche genitore che ha vissuto gli avvenimenti o conosciute le Persone ricordate, acquisti il libro sia per se sia per regalarne copia ai propri figli sposati, come si passa il testimone della staffetta. Spero che qualche loro nipote, aprendo fra qualche anno e per caso il libro, ponga la domanda: “Nonno, nonna, papà, mamma,  cos’era, com’era la “Gente del tuo Paese e del tuo Oratorio”? Sono certo che l’Oratorio ci sarà ancora per molti anni …

 

11) Attraverso il tuo blog, che pubblichi dal giugno 2007, sei un attento osservatore anche dei mutamenti socio economici di Cernusco. Per il futuro hai motivi di speranza o di preoccupazione?

In un capitolo del libro scrivo “vivo di pelle e sentimenti, stomaco e cuore, posso sbagliare”. Non sono un intellettuale e la mia educazione scolastica è finita presto. Il blog è un’occasione per “comunicare” cose buone e meno buone. Riguardo alla politica e alla situazione socio economica – fortunatamente il blog non mente – non ho mai “omaggiato” nessuno ne mai mi sono “allineato” e mai sono salito “sui carri”. Quello che vedo, osservo, annoto lo scrivo sul blog, anche con le mie “lenzuolate”. Questo atteggiamento che qualcuno un paio di anni fa ha etichettato come “amore per la città”, non è facile da mantenere in coerenza alle proprie idee che vanno sempre confrontate e alimentate giorno dopo giorno. Qualche contraccolpo negativo, purtroppo, l’ho avuto. Credo che il blog – tutti i blog - possano essere di stimolo al dormiente dibattito culturale e sociale di questa città adagiata, ingrassata e ingessata e dove il “servizio” è spesso soppiantato dalle “apparenze” che non contano niente, in assenza di Persone veramente autorevoli. Il mio blog però è anche un sito con link per innumerevoli riferimenti video-fotografici  (tanti sono ancora da fare) dimostrativi della tesi del libro per la Gente che vi si ritrova. A questo “archivio” on-line, ci tengo particolarmente.

 

12) Come pensi e speri sarà accolto il libro?

Ricevo riscontro positivi alla copie-test che ho distribuito ad Amici intimi. Uno di questi mi risponde: “Grazie. Intanto sfoglio e leggo il libro piano piano. Veramente hai fatto un lavoro immane con tutto l’amore per le Persone che hai incontrato, anche per breve tempo. Grazie ancora.” Un altro Amico, al quale avevo comunicato l’idea del libro lo scorso anno, si era molto meravigliato che alla mia età, richiamassi e ricordassi ancora i tempi dell’Oratorio (come se fosse sorpassato) consigliandomi di limare senza dubbio tutta la seconda parte del titolo, non più d’interesse. Un terzo Amico, ancor prima di vedere il volume definitivo, davanti a una pre-bozza, senza mezzi termini, sosteneva che il costo-contributo, allora solo ipotizzato, era troppo alto e che in quanto “roba dell’Oratorio doveva costare poco”. Un altro ancora, sfogliandolo ad opera finita, non è riuscito mimetizzare un voto di risicata sufficienza, senza avere il coraggio di dirlo apertamente. Da qui e memore degli avvenimenti di 40 anni fa legati all’ IBM rossa con la testina rotante, tengo i piedi per terra perché ho ben presente l’evangelico motto che, adattato al caso, recita “Nemo propheta in Oratorio”. Ciò nonostante aspetto tutti il 28 settembre prossimo all’Agorà. In modo particolare tutti i miei ragazzi di allora e, per un abbraccio, certamente quelli che mi hanno “fatto fuori”. Spero in una serata organizzata, condivisa, bella, serena, non tanto per me, ma per ciò che rappresenta e racconta il libro “Gente del mio paese Gente del mio Oratorio”.

Intervista a cura di Maurilio Frigerio

 

 

 

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