DON ATTILIO VALENTINI, IL GENEROSO CAPPELLANO
DELLE CARCERI DI MONZA
Cinquant’anni fa moriva il sacerdote cernuschese don Attilio
Valentini. Aveva quasi 88 anni, 60 dei quali passati a Monza,
nella Parrocchia di San Gerardo, come cappellano delle carceri.
Una folla numerosissima arrivata da ogni parte di Monza diede,
domenica 14 febbraio 1965, l’ultimo saluto a don Attilio
Valentini, sacerdote cernuschese nato nel 1877 e ordinato prete
il 6 giugno 1903. Presente anche una folta delegazione di
cernuschesi, tra cui il Sindaco, Carlo Trabattoni, e gli
assessori Cordini e Frigerio.

don Attilio Valentini
«Aveva profuso in tanti anni di ministero le doti del suo nobile
cuore
– scrisse il prevosto di Cernusco, don Arcangelo Rossignoli, su
Voce Amica di marzo 1965 - in mezzo a tanti ammalati,
sofferenti, carcerati con un metodo tutto suo, fatto molte volte
di stranezze, col quale ha conquistato tutti. La bara prima di
scendere nel freddo sepolcro del Cimitero di Monza, ha sostato
per alcuni minuti nelle carceri, quasi per dare un ultimo
saluto, una benedizione a quei poveretti per i quali aveva spesa
la vita.
Ne
sono una prova le grandi onorificenze che gli vennero
conferite.» Il prevosto, nell’occasione, svelò anche l’animo
generoso del nostro concittadino, cappellano delle carceri di
Monza: «Per Cernusco Don Attilio è tra
i più grandi benefattori. In un momento in cui monsignor Guidali
(ebbe) tanto bisogno di aiuto per la compera del terreno della
Sacer, (trovò) subito la generosità di don Valentini con 9
milioni di prestito, che condonerà completamente qualche mese
dopo la mia venuta a Cernusco. In seguito aggiungerà altre
offerte per la nuova chiesa.»
Cittadino benemerito
di Monza -
A don Attilio, come riportò il settimanale “Il Cittadino” di
Monza del 2 luglio 1964, fu conferita anche una prestigiosa
benemerenza della città di Monza. «La terza edizione del ”Lion
d’oro” ha premiato quest'anno una straordinaria figura di
sacerdote, don Attilio Valentini, che dal 1906 è il Cappellano
delle carceri di Monza. E’ superfluo dire che la sua
candidatura al conferimento della targa e del diploma che
portano questo nome aveva avuto a suo tempo sia presso il
Consiglio che in assemblea dei soci una votazione praticamente
plebiscitaria, stante la popolarità e le benemerenze di Don
Valentini che, malgrado i suoi 87 anni, è tuttora sulla breccia.
Per merito suo i carcerati hanno la biblioteca, le loro
famiglie sono assistite e, oltre all’assistenza religiosa,
hanno luogo presso le carceri di Monza manifestazioni
culturali e trattenimenti vari. La sua opera è stata
riconosciuta dalle autorità civili (medaglia di bronzo per la
assistenza ai carcerati, cavaliere della Corona d’Italia,
Grande Ufficiale della Repubblica, ecc.) e il riconoscimento del
"Lion d’oro”, cioè il migliore cittadino monzese per l’anno
1964, se non aggiunge nulla alla sua meravigliosa attività, lo
addita quale mirabile esempio a tutta la cittadinanza monzese.»
Monza gli ha intitolato
anche una strada.
Cernuschese puro sangue,
«el
pret del capelé » -
Don Attilio Valentini era un «Cernuschese puro sangue
(«el
Pret del Capelé », lo chiamavano i vecchi di Cernusco, quando
lui era davvero giovane e tutti qui lo conoscevano). Così lo
ricordò - nel 1953, in occasione del suo cinquantesimo di
ordinazione sacerdotale - l’onorevole Tarcisio Longoni, “suo
amico, ammiratore e discepolo”: «Don Attilio è una di quelle
figure caratteristiche che, incontrate anche una sola volta,
spiccano agli occhi dell’osservatore e ne accaparrano
l’amicizia. Quelli poi che l’avvicinano per ragioni del suo alto
ufficio, vengono legati a lui da inscindibili vincoli di
riconoscenza, che superano i limiti del tempo per incentrarsi
nella grande realtà soprannaturale. Io vedo Don Attilio come
l'uomo della preghiera, che edifica sinceramente per la sua
profonda convinzione e per sentita devozione. Basta vederlo, nel
suo contegno umile e raccolto, inginocchiato nella chiesa di San
Gerardo, per formarsi questa persuasione e per essere spronati
alla imitazione. Io ammiro Don Attilio perché è l'uomo di Dio,
fedele al dovere. Nel suo lungo ministero sacerdotale è sempre
rimasto coadiutore e volle sempre stare a San Gerardo in Monza,
dopo solo pochi mesi passati nella vicina Parrocchia di San
Rocco. Ma nessuno mai potrà esattamente dire il bene operato in
tanti anni, specialmente nella cura degli ammalati, verso i
quali manifesta una specie di innata inclinazione.» Longoni
ricordò poi che: «l’affetto e la gratitudine verso Don Attilio
ha ancora un campo più vasto, provenendogli da un'alta qualifica
inscindibile della sua persona: dal settembre 1906 è cappellano
del locale Carcere Giudiziario. Dire il conforto apprestato, le
lacrime asciugate, le situazioni difficili risanate, gli aiuti
elargiti ai bisognosi è cosa impossibile. E l’aiuto da lui
concesso è di tutti i generi: commestibile, di abbigliamento.
Vedeste la sua casa: talvolta sembra un bazar di un antiquario,
perchè là dentro c’è di tutto un po’: dalle scarpe alle
cravatte, dalle maglie alle camicie, giacche e pantaloni! Chi
batte alla sua porta non resta mai deluso!» Quindi l’amico così
conclude: «Coi detenuti adopera sistemi didattici tutti suoi
particolari ed esclusivi, che valgono però ad attirarsi la
simpatia incondizionata dei suoi “amici”, i quali ne serbano
nostalgico ricordo anche nella riconquistata libertà.
Per le spiccate benemerenze acquisite
in questa attività, il 5 luglio 1953 il Ministro di Grazia e
Giustizia, Adone Zoli, gli decretava l’ambita onorificenza della
medaglia d’oro al merito della Redenzione Sociale.».
L’ex
sindaco di Monza, Marco Mariani
(dal 1995 al 1997 e dal 2007 al 2012) ha conosciuto il nostro
concittadino e così l’ha ricordato: «Don Attilio Valentini è
morto nel 1965. Io, al suo funerale, ho fatto il chierichetto:
avevo 12 anni. Se entri nel cimitero di Monza, la sua tomba è
proprio all’ingresso e c’è un porta lumini (che sarà circa lungo
un metro) e, ancora adesso (eravamo nel 2007, ndr), a
distanza di 45 anni se vai, trovi sempre tutti i lumini accesi,
sempre! Era il prete delle carceri, me lo ricordo bene anche
perché avevo fatto per un po’ di tempo il chierichetto con lui,
lui andava nei vari negozi, andava dalla gente, per chiedere
sempre qualcosa per i carcerati. Io mi ricordo la sua,
chiamiamola così, casa. La casa del parroco della chiesa di San
Gerardo aveva: il letto, un armadietto, la credenza, il tavolo e
la stufa economica. Quella col rampino di ferro, che fungeva da
riscaldamento, ci si cucinava e poi al tubo c’erano appesi dei
ferri dove, d’inverno, la gente appendeva i panni ad asciugare;
me lo ricordo perché era proprio l’emblema del prete che viveva
in povertà, anche lui andava avanti perché gli davano da
mangiare.»
Oggi
probabilmente sono pochi i Cernuschesi che ricordano
ancora questo nostro concittadino
prete. Chi scrive queste note lo ha conosciuto perché,
all’inizio degli anni ’60, faceva il chierichetto e nelle più
importanti festività dell’anno don Attilio tornava a Cernusco.
Ha conservato il ricordo di quel prete alto e un po’ curvo,
appesantito dagli anni, benvoluto e riverito da tutti. Un prete
dal cuore grande, come ci sussurrava il cerimoniere.
Conserviamo viva la memoria di questi nostri padri nella fede,
che hanno educato intere generazioni e che hanno fatto grande e
generosa la nostra comunità.
Cernusco sul Naviglio, 9 febbraio 2015
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