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HOME > La Comunità > 2 Febbraio 2015

DON ATTILIO VALENTINI, IL GENEROSO CAPPELLANO
DELLE CARCERI DI MONZA

 

Cinquant’anni fa moriva il sacerdote cernuschese don Attilio Valentini. Aveva quasi 88 anni, 60 dei quali passati a Monza, nella Parrocchia di San Gerardo, come cappellano delle carceri.

 

 

Una folla numerosissima arrivata da ogni parte di Monza diede, domenica 14 febbraio 1965, l’ultimo saluto a don Attilio Valentini, sacerdote cernuschese nato nel 1877 e ordinato prete il 6 giugno 1903. Presente anche una folta delegazione di cernuschesi, tra cui il Sindaco, Carlo Trabattoni, e gli assessori Cordini e Frigerio.

 


don Attilio Valentini

 

 

«Aveva profuso in tanti anni di ministero le doti del suo nobile cuore – scrisse il prevosto di Cernusco, don Arcangelo Rossignoli, su Voce Amica di marzo 1965 - in mezzo a tanti ammalati, sofferenti, carcerati con un metodo tutto suo, fatto molte volte di stranezze, col quale ha conquistato tutti. La bara prima di scendere nel freddo sepolcro del Cimitero di Monza, ha sostato per alcuni minuti nelle carceri, quasi per dare un ultimo saluto, una benedizione a quei poveretti per i quali aveva spesa la vita. Ne sono una prova le grandi onorificenze che gli vennero conferite.» Il prevosto, nell’occasione, svelò anche l’animo generoso del nostro concittadino, cappellano delle carceri di Monza: «Per Cernusco Don Attilio è tra i più grandi benefattori. In un momento in cui monsignor Guidali (ebbe) tanto bisogno di aiuto per la compera del terreno della Sacer, (trovò) subito la generosità di don Valentini con 9 mi­lioni di prestito, che condonerà completamente qualche mese dopo la mia venuta a Cernusco. In seguito aggiungerà altre offerte per la nuova chiesa.»

 

Cittadino benemerito di Monza - A don Attilio, come riportò il settimanale “Il Cittadino” di Monza del 2 luglio 1964, fu conferita anche una prestigiosa benemerenza della città di Monza. «La terza edizione del ”Lion d’oro” ha pre­miato quest'anno una straordinaria figura di sacerdote, don Attilio Valentini, che dal 1906 è il Cappellano delle carceri di Monza. E’ su­perfluo dire che la sua candidatura al con­ferimento della targa e del diploma che por­tano questo nome aveva avuto a suo tempo sia presso il Consiglio che in assemblea dei soci una votazione praticamente plebiscitaria, stante la popolarità e le benemerenze di Don Valentini che, malgrado i suoi 87 anni, è tuttora sulla breccia. Per merito suo i carcerati hanno la bi­blioteca, le loro famiglie sono assistite e, ol­tre all’assistenza religiosa, hanno luogo pres­so le carceri di Monza manifestazioni cultu­rali e trattenimenti vari. La sua opera è stata riconosciuta dalle autorità civili (medaglia di bronzo per la as­sistenza ai carcerati, cavaliere della Corona d’Italia, Grande Ufficiale della Repubblica, ecc.) e il riconoscimento del "Lion d’oro”, cioè il migliore cittadino monzese per l’anno 1964, se non aggiunge nulla alla sua meravigliosa attività, lo addita quale mirabile esempio a tutta la cittadinanza monzese.» Monza gli ha intitolato anche una strada.

Cernuschese puro sangue, «el pret del capelé » - Don Attilio Valentini era un «Cernuschese puro sangue («el Pret del Capelé », lo chiamavano i vecchi di Cernusco, quando lui era davvero giovane e tutti qui lo cono­scevano). Così lo ricordò - nel 1953, in occasione del suo cinquantesimo di ordinazione sacerdotale - l’onorevole Tarcisio Longoni, “suo amico, ammiratore e discepolo”: «Don Attilio è una di quelle figure caratteristiche che, incontrate anche una sola volta, spiccano agli occhi dell’osservatore e ne accapar­rano l’amicizia. Quelli poi che l’avvicinano per ragioni del suo alto uffi­cio, vengono legati a lui da inscindibili vincoli di riconoscenza, che su­perano i limiti del tempo per incentrarsi nella grande realtà soprannatu­rale. Io vedo Don Attilio come l'uomo della preghiera, che edifica since­ramente per la sua profonda convinzione e per sentita devozione. Basta vederlo, nel suo contegno umile e raccolto, inginocchiato nella chiesa di San Gerardo, per formarsi questa persuasione e per essere spronati alla imitazione. Io ammiro Don Attilio perché è l'uomo di Dio, fedele al dovere. Nel suo lungo ministero sacerdotale è sempre rimasto coadiutore e volle sempre stare a San Gerardo in Monza, dopo solo pochi mesi passati nella vicina Parrocchia di San Rocco. Ma nessuno mai potrà esattamente dire il bene operato in tanti anni, specialmente nella cura degli ammalati, verso i quali manifesta una specie di innata inclinazione.» Longoni ricordò poi che: «l’affetto e la gratitudine verso Don Attilio ha ancora un campo più vasto, provenendogli da un'alta qualifica inscindibile della sua per­sona: dal settembre 1906 è cappellano del locale Carcere Giudiziario. Dire il conforto apprestato, le lacrime asciugate, le situazioni dif­ficili risanate, gli aiuti elargiti ai bisognosi è cosa impossibile. E l’aiu­to da lui concesso è di tutti i generi: commestibile, di abbigliamento. Vedeste la sua casa: talvolta sembra un bazar di un antiquario, perchè là dentro c’è di tutto un po’: dalle scarpe alle cravatte, dalle maglie alle camicie, giacche e pantaloni! Chi batte alla sua porta non resta mai deluso!» Quindi l’amico così conclude: «Coi detenuti adopera sistemi didattici tutti suoi particolari ed esclusivi, che valgono però ad attirarsi la simpatia incondizionata dei suoi “amici”, i quali ne serbano nostalgico ricordo anche nella ricon­quistata libertà. Per le spiccate benemerenze acquisite in questa attività, il 5 luglio 1953 il Ministro di Grazia e Giustizia, Adone Zoli, gli decretava l’ambita onorificenza della medaglia d’oro al merito della Redenzione Sociale.».

 

L’ex sindaco di Monza, Marco Mariani (dal 1995 al 1997 e dal 2007 al 2012) ha conosciuto il nostro concittadino e così l’ha ricordato: «Don Attilio Valentini è morto nel 1965. Io, al suo funerale, ho fatto il chierichetto: avevo 12 anni. Se entri nel cimitero di Monza, la sua tomba è proprio all’ingresso e c’è un porta lumini (che sarà circa lungo un metro) e, ancora adesso (eravamo nel 2007, ndr), a distanza di 45 anni se vai, trovi sempre tutti i lumini accesi, sempre! Era il prete delle carceri, me lo ricordo bene anche perché avevo fatto per un po’ di tempo il chierichetto con lui, lui andava nei vari negozi, andava dalla gente, per chiedere sempre qualcosa per i carcerati. Io mi ricordo la sua, chiamiamola così, casa. La casa del parroco della chiesa di San Gerardo aveva: il letto, un armadietto, la credenza, il tavolo e la stufa economica. Quella col rampino di ferro, che fungeva da riscaldamento, ci si cucinava e poi al tubo c’erano appesi dei ferri dove, d’inverno, la gente appendeva i panni ad asciugare; me lo ricordo perché era proprio l’emblema del prete che viveva in povertà, anche lui andava avanti perché gli davano da mangiare.»

 

Oggi probabilmente sono pochi i Cernuschesi che ricordano ancora questo nostro concittadino prete. Chi scrive queste note lo ha conosciuto perché, all’inizio degli anni ’60, faceva il chierichetto e nelle più importanti festività dell’anno don Attilio tornava a Cernusco. Ha conservato il ricordo di quel prete alto e un po’ curvo, appesantito dagli anni, benvoluto e riverito da tutti. Un prete dal cuore grande, come ci sussurrava il cerimoniere.

Conserviamo viva la memoria di questi nostri padri nella fede, che hanno educato intere generazioni e che hanno fatto grande e generosa la nostra comunità.

 

Cernusco sul Naviglio, 9 febbraio 2015    

 

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