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SCOLA: “OCCORRE VINCERE
LA PROFONDA DIVISIONE TRA FEDE E VITA”

“Vogliamo percorrere le vie dell’umano, essere cioè Chiesa in uscita, testimoniando Cristo come contemporaneo all’uomo di oggi e offrendo il nostro contributo all’edificazione della vita buona.”

 

Il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, celebrando in Duomo, lo scorso 4 novembre, il pontificale nella festa di San Carlo Borromeo, copatrono della diocesi, ha detto che “l’amore di Carlo è quello del buon pastore. È la risposta grata all’amore di Colui che ci precede e ha donato la Sua vita per noi nel vincolo di comunione con il Padre e lo Spirito Santo. È questa gratitudine amorosa che rende per gli altri attraente, persuasiva, conquistatrice la fede. Il cristianesimo, ci ricorda spesso Papa Francesco, si diffonde per attrazione”. Per questo “è necessaria una continua conversione. Non esiste santità cristiana senza la domanda di cambiamento personale e comunitario”. Per il cardinale, “la figura di San Carlo e quella del beato Paolo VI – che è stato ricordato, per la recente beatificazione, nella medesima celebrazione dello scorso 4 novembre - richiamano a tutta la Chiesa, e in particolare a noi fedeli ambrosiani, l’urgenza della riforma ecclesiale, che nasce sia dalla personale, continua conversione, sia dall’appassionato ascolto comunitario dei segni dei tempi che ci invitano al cambiamento della fisionomia della proposta cristiana nella società plurale.”

“All’inizio di questo nuovo millennio - ha proseguito il cardinale Scola - cominciamo a percepire che una riforma è necessaria. E lo è a vari livelli”. Qualche esempio: “Nella nostra Chiesa cerchiamo di perseguirla nella comunione missionaria delle comunità pastorali; nel rinnovamento della iniziazione cristiana con le comunità educanti; nella formazione permanente del clero, nell’evangelizzazione della metropoli, nella valorizzazione della famiglia come soggetto di evangelizzazione”. “Vogliamo percorrere le vie dell’umano, essere cioè Chiesa in uscita, testimoniando Cristo come contemporaneo all’uomo di oggi e offrendo il nostro contributo all’edificazione della vita buona nella metropoli di Milano ed in tutte le terre ambrosiane”, ha spiegato. Riprendendo le parole di Montini sulla necessità di imparare da san Carlo “il senso del bene comune, l’urgenza della carità per la salvezza non solo privata, ma pubblica, il desiderio d’un rinnovamento sociale cristiano, l’accettazione dei metodi organizzativi che la Chiesa oggi ci propone, l’uso dei diritti per la difesa e la dignità dei costumi”, l’Arcivescovo ha concluso: “Lo vogliamo imparare per vincere la malattia endemica che rischia di estenuare noi cristiani di oggi: la profonda divisione tra la fede e la vita. Solo così diventeremo testimoni credibili di speranza affidabile, un bene sempre più raro in una società come la nostra”.

 

Cernusco sul Naviglio, 10 novembre 2014

 

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