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HOME > In Diocesi > 10 Febbraio 2014

“RIPENSARE L’UOMO
PER SUPERARE IL DISAGIO DI CIVILTÀ”

 “Un nuovo umanesimo: il futuro della Lombardia”. Questo il titolo dell’intervento del Cardinale Angelo Scola, in visita al Consiglio Regionale della Regione Lombardia lo scorso martedì.  Al centro del discorso un’interpretazione antropologica e non solo economica della crisi attuale che deve essere affrontata e superata attraverso un “nuovo umanesimo” che ridia all’uomo quella “identità di riferimento” necessaria per affrontare le nuove sfide del terzo millennio.

 

Su invito della Presidenza del Consiglio Regionale della Lombardia, il Cardinale Angelo Scola si è recato martedì scorso in visita al Pirellone ed ha incontrato i consiglieri regionali, i membri della Giunta ed il personale, nell’aula consiliare, dove ha tenuto un breve discorso ed ha offerto uno spunto di interpretazione della crisi attuale, indicando le sfide per i cittadini nel terzo millennio e il giusto atteggiamento per affrontarle.

Lombardia e travaglio di civiltà -  Il Cardinale ha iniziato la sua analisi partendo da una constatazione: “la crisi economica che stiamo vivendo e che segna in profondità il presente della Lombardia è molto più grave di quanto le nostre previsioni abbiano immaginato”. Questo perché spesso non ne viene compreso il significato profondo ma viene vissuta “solo come una crisi economica, e non per quello che è veramente, un travaglio di civiltà all’inizio del nuovo millennio.” Questa incapacità di affrontare e superare la crisi è tanto più frustrante in una regione come la nostra che ha grandi potenzialità che però non si esprimono in effettive possibilità.  “Comprendere le ragioni di tale sproporzione nella prospettiva del bene comune fa parte del compito che ci attende” e di cui si devono fare carico anche le istituzioni per trovare strumenti veramente concreti alle difficoltà odierne. Tra queste potenzialità presenti nel nostro territorio che non riesco ad esprimersi anche a causa di politiche inadeguate, il Cardinale si sofferma in particolare sulla famiglia e sull’immigrazione.  “La famiglia, nel senso classico del termine, costituisce una notevole potenzialità ma la mancanza di adeguate politiche familiari le impedisce di essere una possibilità efficace per costituire il futuro.” Anzi,il crescente indebolimento del legame matrimoniale infragilisce il nostro tessuto sociale e crea nuovi poveri.” Infine, la capacità, tipicamente lombarda, di incontrare mercati lontani e culturalmente differenti “sembra venir meno quando si tratta di affrontare equilibrate politiche di integrazione, nel rispetto della legalità.”

Superare il disagio di civiltà – Questa frustrazione, generata dalla sproporzione tra potenzialità e possibilità, si traduce in un “disagio di civiltà” che non deriva soltanto da condizioni strutturali e istituzionali, ma “nasce da una difficoltà dell’uomo contemporaneo, che sembra sprovvisto di un’unità di senso per l’esistenza e privato in tal modo di un’identità di riferimento.” Questo disagio può essere superato solo grazie ad un “nuovo umanesimo”, poiché “ripensare il mondo senza ripensare l’uomo significa affidarsi esclusivamente ad uno scenario di gestione tecnocratica globale davvero preoccupante”. Per realizzare questo nuovo umanesimo è necessario uscire dalla “logica a compartimenti stagni” che caratterizza oggi i nostri comportamenti (la logica etica, la logica economica, la logica politica, la logica tecnica, etc.) e ritrovare “un quadro di riferimento unitario ed onnicomprensivo entro il quale le diverse logiche possano trovare contrappesi e reciproche compensazioni.” Insomma è necessario ripensare l’uomo a livello della stessa “grammatica elementare dell’umano”.

La necessaria grammatica dell’umano – Se si vuole raggiungere il rinnovamento civile in ogni suo settore e livello, è necessario che ogni istituzione o gruppo sociale dia il suo contributo ponendosi la decisiva domanda su “chi vuol essere l’uomo del terzo millennio”. Ecco che il compito di tutte le istituzioni deve quindi essere l’impegno per la costruzione di una società civile che valorizzi tutte le realtà in campo, favorendo con regole che esaltino la libertà il confronto pubblico. Laicità non è costruire spazi neutri, ma ambiti in cui tutti si raccontino e si lascino raccontare. In questo ambito il Cardinale Scola sottolinea come in particolare “la Chiesa pensa umilmente di poter dare un contributo non indifferente di conoscenza circa la “grammatica dell’umano”. Non per sua capacità e merito, ma in forza dell’evento di Gesù Cristo in cui trova vera luce il mistero dell’uomo”, in quanto l’umano di cui la Chiesa parla non deriva da dottrine, normative o tradizioni e nemmeno da particolari competenze che si vogliono attribuire alla Chiesa in concorrenza ad altre ma “dal rapporto con una Persona vivente.” Infatti la Chiesa “non entra in concorrenza con nessuno, ma dà notizia (Evangelo) e rende disponibile a tutti un contributo di rigenerazione dell’umano”. Ma da dove partire per questa rigenerazione? Dove trovare il nucleo iniziale ed essenziale di questa grammatica dell’umano? Il Cardinale indica la risposta nella “opzione preferenziale per i poveri” intesa in senso teologico, prima che culturale, sociologico, politico e filosofico. “Partire dai poveri significa riconoscere che essi sono obbligati a quella necessaria unificazione essenziale di vita che noi ricchi, grazie alle nostre possibilità, possiamo permetterci di rimandare. Dalla loro esperienza possiamo imparare molto.”

 

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