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LA MISSIONE: UN SEGNO DELLA NOSTRA VITA CRISTIANA

Durante la Veglia missionaria – sabato 26 ottobre in un Duomo gremito, l’arcivescovo, cardinale Angelo Scola, ha conferito il mandato missionario a 23 religiosi e laici. Scola ha invitato a trasferire nella pastorale ordinaria lo slancio missionario, il desiderio di cambiamento, “guardando a chi abbiamo di fronte, a chi è partito”, a chi si è spalancato “ad annunciare Gesù, condividendo tutto l’umano”.

 

“I missionari che partono – ha affermato il cardinale Scola, durante la Veglia missionaria - hanno scelto con dedizione e libertà di rispondere al bisogno di tanti fratelli nel mondo che sono nella miseria, esposti alla morte anche da piccolissimi. La loro scelta di partire è adesione allo stile di Gesù che si dona completamente e si mette in gioco in prima persona”.

La Veglia è una grande catechesi anche per chi sarà chiamato nelle comunità parrocchiali a “partire senza partire”, ha aggiunto il Cardinale. È il grande insegnamento della missione, ha spiegato: “La condizione in cui l’uomo vive una relazione nella verità e nella larghezza di orizzonte. Senza la quale non si può vivere il presente e pensare il futuro”. Consapevoli che “non esistono i lontani”, ma che “ogni domanda di ogni uomo deve essere la mia domanda, la nostra domanda”.
Per il nostro Arcivescovo “il difetto del cristianesimo attuale è mettere tra parentesi il soggetto”, l’impegno personale. E invece è necessario “che ciascuno ci giochi la faccia: chi la nasconde non dà un contributo”. Quindi il primo livello di risposta a ogni critica è chiedersi “io dove sono?”.
Anche chiedendoci, ha aggiunto il Cardinale, “come stiamo rispettando la destinazione universale dei beni che è principio della Chiesa. Pur nella libertà di decidere dove e come operare questo valore”.
“La missione – ha quindi proseguito Scola - scaturisce dalla gratitudine per il dono della fede. O almeno da una passione per l’umano che gratuitamente abbiamo ricevuto”. Perché la Chiesa non è un’organizzazione, “ma un’esperienza di verità, bontà, bellezza che si riceve con il dono della fede che si vive dentro una compagnia”. Nella quale si impara a “comunicare ciò che si è”.
Dal cardinale è venuto anche l’invito a superare le chiusure in cui molto spesso si dibattono le nostre comunità. “Il clericalismo di cui soffriamo, preti e laici – ha spiegato Scola - per coltivarsi e per resistere ha bisogno di comunità chiuse. Se al contrario fioriscono verso l’apertura, ciò non accade. Prendete, prendiamo coraggio in questa direzione”.

“Guardando a chi abbiamo di fronte, a chi è partito”, ha concluso l’Arcivescovo, possiamo trasferire nella pastorale ordinaria lo slancio missionario. “Non dobbiamo pensare tutto il giorno al missionario – ha aggiunto - ma deve essere un segno nella nostra vita cristiana. Trasformiamo questo desiderio in domanda umile al Signore. Affinché ci renda consapevoli che lo spalancarsi ad annunciare Gesù, condividendo tutto l’umano, è una condizione per la riuscita, cioè la santità, della nostra persona”.

 

Cernusco sul Naviglio, 28 ottobre 2013

 

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