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HOME > di Mese in Mese > 27 Maggio 2013

LA GRANDE EREDITÀ DEL BEATO PUGLISI,
RICORDANDO LA VISITA ALLA SUA CHIESA

Una folla composta e festosa ha assistito sabato scorso, 25 maggio a Palermo, alla cerimonia di beatificazione di padre Pino Puglisi, il sacerdote ucciso dalla mafia nel 1993. Un boato di gioia ha accompagnato lo svelamento della foto del martire palermitano e l’ingresso del reliquiario. Nel 2007 avevamo avuto modo di visitare la sua parrocchia a Brancaccio.


L’arcivescovo di Palermo, cardinale Paolo Romeo, che ha officiato la celebrazione eucaristica, ha tracciato un ritratto di padre Puglisi, descrivendolo come “un padre discreto e accogliente, che sapeva di umano e di sovrannaturale insieme”. Un padre “che si lasciò interpellare dai bisogni del territorio e della gente affidata alle sue cure, soprattutto i piccoli e i poveri”. Fu soprattutto a Brancaccio che il beato Puglisi “trovò bambini e giovani esposti alla ‘paternità’ falsa e meschina della mafia del quartiere, che rubava dignità e dava morte in cambio di protezione”. Ad essa don Pino “sottrasse consenso e manovalanza con la sua azione di evangelizzazione e promozione umana”.

In mezzo alla folla di fedeli, moltissimi i giovani che hanno voluto testimoniare la propria ammirazione verso questo sacerdote che mise i ragazzi al centro del proprio percorso pastorale.

Evangelizzazione e promozione umana - Il cardinale di Palermo, Paolo Romeo, a chi gli ha chiesto quale fosse il tratto più rilevante di don Puglisi uomo e sacerdote ha risposto così: “Il suo binomio, sempre attuale, di evangelizzazione e promozione umana, come dimostra il ripetuto invito di Papa Francesco ad andare alle periferie, non solo geografiche ma anche quelle dove l’uomo vive nel degrado morale. Pino Puglisi ci insegna che un Vangelo lontano dalla promozione della dignità umana non è Vangelo. È in discussione l’antropologia: in un modo diretto, non da filosofo o sociologo, don Puglisi, quando parlava di evangelizzazione e promozione umana, ci mostrava una antropologia che vede nell’uomo l’opera più grande di Dio e nel peccato l’offesa più grande di cui è vittima lo stesso uomo. Oggi quando si parla di nuova evangelizzazione e delle problematiche della nostra società si sta prendendo coscienza della grande crisi dei valori. Bisogna ritornare, allora, a Gesù. Evangelizzazione e promozione umana significano un Vangelo che diventa veramente fermento della società e la trasforma. E ognuno di noi può contribuire. Don Puglisi ci spinge ad abbandonare la mentalità della delega: di fronte alla crisi economica e al degrado umano e sociale non dobbiamo pensare che gli altri devono intervenire, tutti dobbiamo fare qualcosa, tutti dobbiamo cambiare. Non è sufficiente dire: ‘come è bello lo stile di Papa Francesco’; è necessario che anche noi ci rivestiamo di umanità e di semplicità, vivendo alla presenza di Dio. Questa è una risposta ai bisogni di oggi, vorrei dire l’attualità della testimonianza di don Puglisi”.

Quella visita del 2007 - Un gruppo di cernuschesi, dal 22 al 26 ottobre 2007, nell’ambito dell’Itinerario dello Spirito 2007, visitò la Sicilia occidentale. Tra i tanti luoghi visitati e le persone incontrate, un’emozione particolare suscitò la celebrazione della Messa, presieduta dal nostro prevosto di allora, don Luigi Caldera, nella chiesa parrocchiale di San Gaetano di Brancaccio, di cui fu parroco dal 1990 al 1993 Padre Giuseppe Puglisi, ucciso dalla mafia il 15 settembre 1993, nel giorno del suo 56° compleanno. Brancaccio è un quartiere della periferia est di Palermo, uno tra i più poveri del capoluogo e con un alto tasso di criminalità. La comunità parrocchiale e il consiglio di quartiere di Brancaccio, all’interno della chiesa, hanno posto una lapide con la seguente scritta: “A perenne ricordo del parroco Padre Giuseppe Puglisi. Sacerdote del Signore, missionario del vangelo, formatore di coscienze nella verità, promotore di solidarietà sociale e di servizio ecclesiale nella carità. Ucciso per la sua fedeltà a Cristo e all’uomo.”

C.G.

 

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