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HOME > di Mese in Mese > 11 Marzo 2013

90^ EDIZIONE: DALLA FIERA
ALLA FESTA DI SAN GIUSEPPE

 

La Fiera di San Giuseppe quest’anno taglia il traguardo della 90^ edizione. L’amministrazione comunale, per l’occasione, ha diffuso il programma delle iniziative che dal 14 al 17 marzo prossimi animeranno la nostra cittadina. Un programma in cui si trova un po’ di tutto, ma ridimensionato, rispetto agli anni precedenti, a causa della crisi in cui si dibattono pure i Comuni.

 

Quest’anno non ci sarà nessuna cerimonia d’inaugurazione di nuove opere pubbliche. La Vecchia Filanda di piazza Gavazzi è destinata quindi ad attendere ancora, come pure il nuovo fabbricato dell’ex centro sociale di via Buonarroti. Di nuovo forse potrebbe esserci la fontanella di piazza Matteotti, ma sarebbe troppo un’apposita cerimonia per il primo spruzzo d’acqua.     

Le giornate della Fiera 2013 (programma reperibile cliccando qui ) saranno comunque l’occasione per invadere le vie della città, per incontrarsi, per ammirare, sperando nel bel tempo, i colori della primavera che sta per sbocciare, osservando angoli e suggestivi luoghi della nostra Cernusco.  

 

Il Gelso d’oro - L’evento di apertura della Fiera, come ormai accade dall’insediamento delle amministrazione comunali guidate dall’attuale Sindaco, Eugenio Comincini, sarà la consegna delle benemerenze civiche - il Gelso d’Oro - quest’anno attribuite a Suor Maria Noemi Guzzi "per una vita spesa senza riserve a favore della gente d’Africa, dando vita ad ospedali e dispensari in Kenia e in Costa d’Avorio, alleviando le sofferenze della popolazione ivoriana debole e indifesa, vittima della guerra civile scoppiata nel 2011, tra il silenzio e l’indifferenza del mondo”; all’AVO – Associazione Volontari Ospedalieri - “per il servizio organizzato, qualificato e gratuito, a fianco dei malati dell’Ospedale Uboldo con una presenza discreta, offrendo occasioni di dialogo e calore umano, aiuto morale e materiale, per lottare contro la sofferenza e la solitudine e vincere la noia”; ai volontari e al personale scolastico del Progetto Piedibus “per dare vita ad un progetto divenuto importante momento sociale di attenzione alle nuove generazioni, sensibilizzandole  al rispetto dell’ambiente e all’educazione civica”; e infine a Devis Mangia “per aver creduto e coltivato con passione, dedizione, competenza e tenacia il sogno di allenare una squadra di calcio, iniziando da una piccola squadra della periferia milanese fino a diventare Commissario Tecnico della Nazionale Under 21”.

I premi saranno consegnati in una cerimonia ufficiale che si terrà il 14 marzo alle 21 alla Casa delle Arti, nel corso della quale è anche in programma il concerto dell’Orchestra a fiato Città di Milano.

 

La “Fiera di san Giuseppe” è nata 1923 «“in via sperimentale” e ufficializzata da Consiglio Comunale nel 1924 come “Fiera annuale del bestiame e mostra zootecnica”. Presentando la delibera per l’approvazione del consiglio, il Sindaco Ghezzi - al suo primo mandato come amministratore - descriveva con entusiasmo il successo della manifestazione dell’anno precedente e “la grande partecipazione dei piccoli agricoltori di tutta la plaga agricola circostante con contrattazioni e volumi di vendite superiori ad ogni aspettativa” e si dichiarava certo che l’istituzione della Fiera annuale “avrebbe aiutato lo sviluppo commerciale del paese e ottenuto vantaggi assai notevoli alla maggiore e migliore produzione di bestiame e all’incremento dell’economia”.

In effetti, la Fiera, collocata in primavera, all’inizio della stagione agricola, è stata per anni il punto di riferimento degli agricoltori non solo cernuschesi, ma di tutto il circondario, per gli acquisti di bestiame, piccoli animali da cortile, piante da frutto, attrezzi agricoli, sementi e mangimi. Gli allevatori e gli espositori occupavano tutta la via Cavour. Il punto d’incontro di sensali e commercianti di bestiame con i contadini si estendeva anche nelle vie adiacenti e le contrattazioni continuavano anche nelle numerose osterie e trattorie della zona. Difficilmente possiamo immaginare quale sorta di caos, pittoresco se vogliamo, ma sempre caos, doveva generare nel bel mezzo della tranquilla vita paesana l’irruzione di tanta dovizia di animali con i relativi accompagnatori: vitelli, maiali, cavalli, asini, conigli, galline, pulcini di varie razze e qualità. Il mercato non era soltanto del bestiame: nella piazza principale, attuale piazza Matteotti, stoffe e passamanerie, stoviglie, pentolame, calzature, chincaglierie, frutta, verdura e ogni altro ben di Dio erano disposti sui banchi di vendita sotto tende e ombrelloni che gremivano ogni spazio disponibile. I prodotti erano allora veramente nostrani, dalla provenienza più remota, bassa bergamasca o Brianza. Tutte cose utili e di prima necessità, con unica eccezione i filoni di castagne e un dolce preparato al momento: la “manna”. Il trasporto delle merci avveniva su carri trainati da cavalli o asini che venivano parcheggiati nelle vie secondarie, legati ad anelli di ferro o ai “murunitt” delle piazzette. Quando di prima mattina la piazza era stipata di banchi ricolmi e di sgorbe traboccanti, lo spettacolo, non soltanto visivo, era davvero superbo: il vocìo dei venditori e il profumo delle merci si combinavano con la varietà e la schiettezza dei colori in un assieme armonioso e vivacissimo. Tutto questo è rimasto immutato per i primi vent’anni, nel solco della tradizione contadina. La manifestazione si è svolta con qualche difficoltà anche nel periodo bellico.

Nel dopoguerra, a Cernusco diminuiscono le aziende agricole; come nel resto del Paese, trasformazioni profonde pervadono la società civile. Si evolvono e si modificano le forze del lavoro: la popolazione attiva rurale esce dall’agricoltura e viene assorbita dall’industria e da altri settori economici. Anche la Fiera di San Giuseppe, anno dopo anno, subisce mutamenti: da Fiera si trasforma in “Festa”. Arrivano i baracconi e le giostre che fanno da richiamo per i giovani anche dei paesi vicini. Si diffonde un maggior benessere. Le famiglie riuniscono parenti e amici per festeggiare gli immancabili Giuseppe o Giuseppina. La passeggiata tra le bancarelle si svolge più per curiosità che per necessità. Per le ragazze, qualche “vasca” avanti e indietro è il pretesto per sfoggiare l’abito nuovo di primavera. Le occasioni non mancano: l’amministrazione comunale organizza mostre di pittura, concorsi fotografici, distribuisce premi per le vetrine più attraenti, con tanto di giuria qualificata e coinvolgimento delle categorie interessate.

Alla fine degli anni sessanta, gli anni del miracolo economico, la sagra si arricchisce sempre di più di manifestazioni di prestigio. Oltre alle tradizionali esposizioni di piante e fiori, alle immancabili bancarelle dei venditori ambulanti - antesignane dei moderni centri commerciali - sono sempre più numerose le manifestazioni spettacolari e culturali. Ricordiamo saggi ginnici, tornei sportivi, mostre di artigianato, spettacoli teatrali, sfilate di moda; un anno (1969?) fu ospitato anche un concorso ippico. Alcune di queste manifestazioni sono rimaste come appuntamento fisso, altre hanno solo segnato un’epoca. Ma i cernuschesi, fedeli alla tradizione, non trascurano mai di fare un giro “in Fiera”, di ascoltare la banda che sfila per il paese, o di lustrarsi la vista con le automobili e le moto esposte in Sacer: se no che San Giuseppe sarebbe?

Come scriveva in versi il compianto professor Carlo Alberti in una sua poesia dialettale: Ma ‘ncoeu ‘ndemm a la Féra, a toeu ‘n queicòss: / on tortèll, on croccànt, on anadìn / …/ o a vìnc on péss con l’argént viv indòss.

E concludeva con una punta di nostalgia (pensando a quando il parco divertimenti, per alcuni anni, era stato spostato nell’area mercato di via Buonarroti, ora invece è in via Boccaccio) condivisa forse dai cernuschesi meno giovani:

Purtròpp la Féra incoeu l’è foeu de man, / confinàda là giò, in sto canton, / tant che la par la Féra de Modron, / perché dal nòst Cernùsch l’è ‘nscì lontàan. / On temp financa i cà, i strad, i mur / godeven lì la Fèra, insèmm coi tècc, / in festa con la gent del Cernùsch vècc.» (Viviano Boldrini per “Voce Amica”, marzo 2003»

C.G.

 

 

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