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DA MERISI L’INVITO A “GUARDARE CON OCCHIO BUONO
E CUORE APERTO TUTTE LE PERSONE CHE INCONTRIAMO”

 

Sul tema dell’impegno della comunità cristiana a favore degli ultimi, dei poveri, degli emarginati, in dialogo e collaborazione con la società civile, è intervenuto – sabato 10 novembre, alle ore 16,15, al Centro Cardinal Colombo - monsignor Giuseppe Merisi, vescovo di Lodi e presidente della Caritas Italiana. Ai presenti ha proposto una trattazione ampia e articolata, partendo da alcuni interrogativi di fondo: «Come mai in un ambito di società civile, in un ambito di aggregazione sociale, ci si pone il problema della testimonianza della solidarietà? E per noi credenti dell’amore, della dedizione, della gratuità verso gli altri? Come mai una società civile deve interessarsi di questa tematiche? Che cosa la comunità cristiana deve pensare, proporre e cercare di fare al riguardo?»

 
solenne concelebrazione eucaristica in chiesa prepositurale in ricordo di monsignor Rossignoli    

L’amore per i fratelli - Innanzitutto per monsignor Merisi occorre partire «da ciò che la comunità cristiana sente indispensabile di dover vivere come una testimonianza dentro la società civile, a cui tutti apparteniamo, con il contributo che sente di dover portare. La vita cristiana è fatta di amore per il Signore: attraverso l’ascolto della Parola e l’esistenza sentita e vissuta come risposta a una chiamata quotidiana del Signore. È conseguenza di questo amore, di questa accoglienza del Signore,  l’impegno e l’amore per i fratelli: il grande comandamento che nei Vangeli ci viene proposto. La vita cristiana è ascolto del Signore e impegno per i fratelli, è impegno per i fratelli perché si ascolta il Signore. Questa capacità, voglia, impegno, responsabilità di vivere il comando evangelico dell’amore per il Signore si attua nelle molte occasioni in cui ognuno è chiamato a vivere. Il punto di partenza della vita cristiana è questa capacità, perché accogliamo un dono che viene dall’alto, di spendere la vita per i fratelli, partendo dalla capacità di guardare con occhio buono e cuore aperto tutte le persone che incontriamo, vicine e lontane, che la pensano come noi, oppure che sono diverse da noi, che pregano come noi o in modo diverso da noi.»


Mons. Giuseppe Merisi, vescovo di Lodi
 

Gli ambiti di impegno - Il passaggio successivo nell’intervento del Presidente della Caritas Italiana è stato volto a delineare gli ambiti nei quali il credente è chiamato a impegnarsi al servizio degli altri, di tutti gli altri, nessuno escluso. «Gli ambiti in cui questo impegno deve mettersi in piedi quotidianamente – ha spiegato monsignor Merisi - li conosciamo: la persona, la famiglia, l’ambito professionale, il tempo libero (in tutte le sue declinazioni: cultura, sport …), la vita sociale, la società civile. Nella vita sociale - la solidarietà sta anche dentro la nostra costituzione, all’articolo 2 - perche è la traduzione in ambito sociale dell’impegno all’amore, alla dedizione e alla gratuita nei confronti degli altri.»

Con un’importante sottolineatura, con riguardo all’impegno nella società civile: «la coscienza del credente - ha affermato il vescovo di Lodi - è sempre la stessa: non c’è una coscienza per l’ambito civile e una per l’ambito ecclesiale, però i punti di riferimento cambiano: per il secondo sono il Vangelo, la comunità cristiana, il Battesimo; per il primo, l’iscrizione alla stato civile, le leggi, la democrazia, il pluralismo, le maggioranze e le minoranze. Cuore e coscienza sempre uguali, però con modalità concrete di partecipazione distinte secondo le esigenze dell’ambito civile e di quello ecclesiale.

Il credente quando si impegna nel sociale, in ambito civile, ha un punto di riferimento prezioso: la Dottrina sociale della Chiesa, che è una declinazione, una mediazione dei principi eterni del Vangelo, che parlano di solidarietà, di sussidiarietà, di promozione del bene comune, di rispetto della vita di ogni essere umano.»

 

L’importanza della distinzione: ambito civile e ambito ecclesiale - «Il punto di partenza – ha proseguito monsignor Merisi - è sempre lo stesso: amore, disinteresse, dedizione, gratuità, ma questi principi si articolano in modalità diverse di intervento secondo gli ambiti di impegno: la dignità della persona, la famiglia, l’attività professionale, il tempo libero, la vita sociale, la società civile.

Sono sempre più convinto della necessita delle distinzioni. La distinzione è importante perché sono due ambiti ben diversi, quello civile e quello ecclesiale. Tanto più noi rispettiamo queste distinzioni, tanto più come Chiesa e come Caritas possiamo avere la possibilità di dire e di testimoniare con coraggio ciò che secondo noi viene dal Vangelo.»

 

“La Chiesa come comunione è luogo di educazione alla carità” - Proseguendo nel suo intervento, monsignor Merisi si è chiesto come «la comunità cristiana, di fronte a questa prospettiva, si atteggia, cosa fa?». Al riguardo ha richiamato quanto affermato dal nostro attuale arcivescovo e da Papa Montini. «La Chiesa come comunione – ha recentemente affermato il cardinal Scola – è luogo di educazione alla carità. Paolo VI ha, invece, definito la Caritas organismo pastorale della Chiesa, con un impegno iniziale e fondamentale di testimonianza, che comprende il richiamo ai valori, di sensibilizzazione sui principi e su quello che ha modo di vedere all’interno della comunità in cui opera.»

 

Testimonianza e impegno a favore di tutti - Il Presidente della Caritas Italiana ha quindi richiamato l’importanza della testimonianza e dell’impegno a favore di tutti, spiegando che la «testimonianza dei valori, che è l’esempio - prima di parlare datti da fare – l’iniziativa, va presa seconda l’urgenza del momento e a partire dagli ultimi, dai poveri, dagli emarginati, tenendo presente che qualche volta c’è anche la necessità di esercitare una supplenza nei confronti della società civile, perché non arriva in tempo, non è in grado, per crisi o per difficoltà di tutti i tipi, di intervenire. Può essere il caso delle emergenze: alluvioni, terremoti. Senza però dimenticare che c’è anche da esercitare, in ambito ecclesiale, il coordinamento possibile. Con l’attenzione a leggere con realismo la situazione concreta in cui si opera e a offrire un servizio a favore di tutti. È importante che il servizio sia per tutti: a partire dagli ultimi, dai poveri, dagli emarginati. Con tutte le difficoltà a leggere e individuare nei diversi periodi storici chi sono esattamente questi poveri.»

 


il momumento in ricordo di monsignor Rossignoli

 

Il rapporto tra fede e carità, tra carità e cultura - Avviandosi verso la conclusione del suo intervento, monsignor Merisi si è chiesto «come comunità cristiana, come Caritas come guardiamo alla situazione attuale? Innanzitutto c’è bisogno del lavoro formativo, che deve riguardare anche l’educazione e la formazione degli adulti, e su questo tema è importante il collegamento tra fede e carità. Nel documento con cui il Papa ha indetto l’Anno della fede, si parla del collegamento tra fede e carità che rende la fede qualcosa che effettivamente regge la vita cristiana ma che ha bisogno di un ambito di impegno di carità in cui esplicare questa attenzione che viene dall’Alto, passa attraverso l’Eucaristia, la presenza dello Spirito e diventa attenzione nei confronti degli altri. E l’altro è il collegamento tra carità e cultura, carità e conoscenza. A mio parere è provvidenziale che la Caritas a livello almeno decanale se non parrocchiale abbia degli Osservatori sulla povertà, per avere delle conoscenze della realtà. Il rapporto carità e cultura è importante anche per le conoscenze che dobbiamo acquisire in un’era di globalizzazione. È indispensabile - per poter far fronte a quanto uno ci chiede, uno ha bisogno - avere una conoscenza un po’ più ampia del singolo caso, penetrando in profondità la situazione in cui si vive. Occorre quindi avere una visione di bisogno più ampia, sapendolo inserire anche in un contesto storico definito, avere una prospettiva nella quale collocare l’impegno per i poveri.»

 

Le povertà che oggi ci interpellano - L’ultimo passaggio del suo intervento, è stato volto a delineare le odierne situazioni di povertà che più frequentemente ci troviamo ad affrontare e che possiamo riscontrare anche nella nostra città. «Le situazioni di povertà che abbiamo di fronte – ha dettagliato monsignor Merisi - ci impongono di porre attenzione ai profughi e immigrati, distinguendo sempre tra i primi e i secondi. Dobbiamo accogliere rispettando sempre la dignità della persona e con uno sforzo maggiore di coordinamento con l’Europa, che non è sempre venuto, tenendo presente tutti i problemi che ci sono sul tappeto, a partire dal riconoscimento della cittadinanza. Ci sono tre elementi, come ripete sempre il Papa, che vanno sempre tenuti insieme: rispetto per la dignità di ogni persona, legalità e l’accoglienza.

Insieme ai profughi e agli immigrati, dobbiamo porre attenzione alle donne in difficoltà (tratta, prostituzione), ai minori (in un Comune raramente ci si trova in difficoltà come quando si deve collocare un minore in una comunità d’accoglienza, perché le risorse a disposizione non ci sono o sono scarse), uomini soli (per separazioni e divorzi), antiche povertà (stanno aumentando il numero degli italiani che si rivolgono alle nostre comunità per chiedere pane e vestiti), dipendenze, per le quali è importante aiutare, accogliere e formare. Dipendenze che non sono solo da droghe, ma anche da gioco, alcool, televisione, internet.

Nell’affrontare queste povertà oggi c’è bisogno di professionalità. Con il rischio che i servizi che si offrono possono essere solo professionali, dimenticando magari così i valori da cui si era partiti. Il tema delle nuove povertà è un tema importante su cui riflettere, coniugando sempre gli elementi di immediatezza, di solidarietà, di intervento  - scendendo da cavallo, come ha fatto il buon samaritano – con la prospettiva generale che chiede sussidiarietà nel contesto della solidarietà, che  chiede attenzione per il bene comune perché non si risolverà mai niente se si dovesse guardare solo a quel momento, a quel bisogno, a quell’emergenza. Infine, occorre che ci sia anche l’attenzione per collocare l’iniziativa della Caritas nella comunità parrocchiale in un ambito generale.»

 

C’è tanto su cui riflettere - Il Vangelo ci invita ad amare ogni fratello perche in ciascuno c’è il volto nascosto di Cristo. Purtroppo sappiamo che anche nella nostra comunità non sempre è così, soprattutto verso gli immigrati, nei confronti dei quali sono duri a morire molti pregiudizi e diffidenze. Monsignor Merisi ci ha ricordato che «la vita cristiana è ascolto del Signore e impegno per i fratelli, è impegno per i fratelli perché si ascolta il Signore» e che «il punto di partenza della vita cristiana deve essere quello di spendere la vita per i fratelli, partendo dalla capacità di guardare con occhio buono e cuore aperto tutte le persone che incontriamo, vicine e lontane, che la pensano come noi, oppure che sono diverse da noi, che pregano come noi o in modo diverso da noi». Come ci ha concretamente testimoniato, negli anni che in cui è stato nostro amato pastore, dal 1962 al 1989, Don Arcangelo.

C.G.

 

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