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HOME > Cernusco7 > 24 Febbraio 2014

“IL GRANDE MESSAGGIO DI MARTINI È LA FIDUCIA”

La seconda serata dedicata al cardinal Martini, con un racconto a tre voci, ha riscosso grande successo di pubblico. In una sala gremita hanno dialogato per quasi due ore il direttore del Corriere della sera, Ferruccio De Bortoli, monsignor Gianni Zappa e don Ettore Colombo. 

 

La presenza così numerosa è testimonianza, come ha sottolineato De Bortoli, della riconoscenza, dell’affetto e della vicinanza che ancora tantissime persone, soprattutto over 40, nutrono nei confronti del cardinal Martini. Un confronto ricco di spunti interessanti, di cui ne raccogliamo solo alcuni, e che completa quanto narrato nella prima serata, con un’importante sottolineatura fatta da monsignor Zappa, portavoce negli ultimi cinque anni del cardinal Martini.   

Martini, a parere di Ferruccio De Bortoli si è seduto “idealmente accanto a ciascuno di noi, condividendo desideri, bisogni, ansie, soprattutto di coloro che si erano distaccati dalla Chiesa.”

Nell’istituzione della cattedra dei non credenti e nella distinzione che il Cardinale ha più volte richiamato tra pensanti e non pensanti - e non tra credenti e non credenti - De Bortoli coglie il significato più profondo della nostra Chiesa Ambrosiana: “Una Chiesa che sta nel mezzo e che abbraccia idealmente tutti, che accoglie, che cura, che non respinge nessuno.” Martini è stata “una persona scomoda ma non è stato un contestatore, un eretico”. Ha mostrato “grande capacità di comprendere la realtà e di guardare anche alle persone lontane, di rispettare la libertà di coscienza di tutti.” Un segno civile di particolare rilevanza, quest’ultimo. Come lo furono molti altri, che seppero infondere in tutti speranza, in anni particolarmente difficili. È poi arrivato un significativo riconoscimento, da parte di  Bortoli, alla Chiesa Ambrosiana: «di fronte a una perdita del senso civico, a un allentamento dei legami che tengono uniti una comunità, a un venir meno del rispetto delle regole, ad un impoverimento spirituale, che ha colpito il nostro Paese, non più in grado di disegnare un progetto di società per il futuro, il nostro compito è quello di impegnarci nel ricercare le ragioni dello stare insieme. E credo che la Chiesa si sia sobbarcata anche il peso di custodire dei valori che non necessariamente sono propri: l’impegno politico, la solidarietà, il rispetto degli altri, l’accoglienza.» Un cammino avviato dal cardinal Martini e che sta proseguendo.

Monsignor Gianni Zappa, suo portavoce, ha naturalmente parlato del rapporto di Martini con i media. “Uno dei tratti caratteristici di Martini era quello di non concedersi. Aveva una preoccupazione molto precisa: essere attento alle parole. Penso che Martini fosse un po’ un ingegnere della parola. Il critico testuale, come lo era lui, misura parola per parola. Le parole che usava erano sempre misurate. Non utilizzava mai un aggettivo. Mai parole sprecate, ma sempre ricche di significato. Il cardinal Martini bisogna leggerlo misurando anche i tempi di lettura in relazione alla forza delle parole che egli usa.”

A proposito di certi temi - fine vita, coppie di fatto, sessualità: richiamati anche dal presentatore della serata - monsignor Zappa ha chiarito che “non è che quelli fossero i temi più importanti per il cardinal Martini. Non è che lui avesse la fissa sull’omosessualità, sul fine vita: non era questo il vero oggetto della sua attenzione. Lo diventavano nel momento in cui intravvedeva dietro a queste parole le persone e in particolare le persone sofferenti. La sua preoccupazione era quella di rispondere alla sofferenza delle persone e con loro si disponeva anche a correre il rischio di essere frainteso, di essere catalogato. Per favore non cadiamo assolutamente nell’errore di interpretare certe problematiche che toccano la vita degli uomini come delle problematiche esterne, in qualche modo oggettive, che diventano quindi materia più di riflessione ideologica che antropologica e legata all’uomo.”

Per monsignor Zappa “c’è un’eredità di metodo che dovremmo imparare dal Martini: il non fermarci mai nell’impegno, nella ricerca. Martini era un ricercatore rigorosissimo, che sapeva andare a trovare le perle preziose anche là dove non si vede niente. Questo metodo deve diventare il metodo di ciascuno di noi: mostrarci appassionati ricercatori per cogliere quei segni, quei gesti quella rete di bene che è decisamente più forte anche dello stesso difficile momento che stiamo vivendo.” E ancora: “il grande messaggio di Martini è la fiducia, bisogna credere nello Spirito, che ci è stato dato come credenti, nella nobiltà di essere uomini. Questa fiducia che abbiamo dentro dobbiamo farla diventare realtà, mente pulsante della quotidianità e della responsabilità.”

Don Ettore Colombo, responsabile della nostra Comunità pastorale e per dieci anni segretario del cardinal Martini, ha raccontato aspetti inediti e curiosi e momenti di familiarità nelle giornate di Martini: dalla vita comunitaria con i suoi più stretti collaboratori alle gite settimanali in montagna, dagli esercizi spirituali in Africa alle visite pastorali. “Martini – ha detto don Ettore - è stato maestro perché ogni volta che parlava lo faceva sempre a partire dalla parola di Dio. La domanda che si poneva era sempre questa: cosa c’è di Vangelo in quello che diciamo e che facciamo?” A parere del nostro prevosto, “l’eredità più bella che ci ha lasciato Martini è quella di imparare ad essere aperti all’azione dello Spirito: questo vuol dire sognare. Questo vale non solo per la comunità cristiana ma anche per il mondo, perché lo Spirito è l’anima del mondo, anche se uno non lo sa. Ma lo Spirito c’è ed agisce.”      

 

C.G.

 

Cernusco sul Naviglio, 24 febbraio 2014

 

 

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