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HOME > Cernusco7 > 28 Ottobre 2013

SE N’È ANDATA GIUSEPPINA PIROLA,
STAFFETTA DELLA RESISTENZA

Forse a pochi erano  noti i trascorsi giovanili di Giuseppina Pirola, eppure lei  era ben orgogliosa di quanto aveva fatto durante la Resistenza e in più di un’occasione ha rivendicato con forza il ruolo, molto spesso sottovalutato, che hanno avuto le donne nella lotta partigiana. Giuseppina Pirola se n’è andata lo scorso 20 ottobre all’età di 88 anni.

 

Anche a chi scrive queste brevi note è toccato in più occasioni ascoltare i suoi benevoli richiami contro una certa retorica della lotta di Liberazione, che tendeva a privilegiare i capi e a dimenticare i gregari, e non ci nascondeva una sua certa delusione per una classe politica locale e nazionale che, negli ultimi decenni, a suo parere, si stava sempre più allontanando dagli ideali per i quali si era battuta in gioventù.

Giuseppina Pirola se n’è andata lo scorso 20 ottobre all’età di 88 anni. I suoi funerali sono stati celebrati martedì 22 nella chiesa prepositurale di Santa Maria Assunta. Nella sua famiglia l’impegno sociale e politico non era certo sconosciuto: il fratello Mario è stato sindaco della nostra città dal 1945 sino al 1953, anno della sua morte; mentre il fratello Agostino è stato presidente della Cooperativa Edificatrice Constantes e socio fondatore e primo presidente della BCC della nostra città.

Staffetta della 26^ Brigata del popolo - Giuseppina Pirola – staffetta della 26^ Brigata del Popolo - ci ha raccontato, con quel suo piglio ben deciso e appassionato, che all’interlocutore fa subito capire di quale carattere e determinazione fosse la persona con la quale stava parlando – che il suo «compito era di portare volantini e stampa clandestina da Milano a Cernusco; una sola volta sono andata a Vaprio. In un primo tempo portavo gli stampati anche a Vimercate.» Poi spiegava – la testimonianza è stata anche raccolta nel libro “Col cuore in gola” di Giorgio Perego - che «noi della 26a Brigata del Popolo eravamo in collegamento con l'architetto Zanchetta, che aveva lo studio in Via Broletto a Milano. L'archi­tetto Zanchetta, progettista della nostra chiesa prepositurale, era responsabile del movimento DC milanese e il suo studio era un centro di ritrovo dell'antifascismo cattolico. In quello studio lavorava anche il concittadino Fran­cesco Brambilla Pisoni; un giorno dell'ottobre o del novembre 1944, in seguito alla denuncia di una spia, i fascisti fecero irruzione nello studio arrestando e portando a San Vittore i presenti, tra i quali Francesco Brambilla Pisoni. Mio fratello Mario andava a trovarlo in carcere e io, tutta preoccupata, gli dicevo che era pericoloso, che avrebbero potuto arrestare anche lui, ma Mario, che era fisicamente minuto e molto deli­cato, mi rispondeva: "Chi guarda me? Chi sospetta di me?" »
Giuseppina Pirola è stata ricordata anche dal presidente della locale sezione Anpi, Danilo Radaelli  “nella convinzione che il lavoro della trasmissione della memoria oggi più che mai rivesta una funzione vitale per la comunità.” 

Le donne cattoliche nella Resistenza – Rendiamo omaggio alla nostra concittadina, proponendo la testimonianza di una donna esemplare, protagonista della Resistenza e della vita politica italiana:  “Senza la presenza delle donne – ha scritto l’onorevole Tina Anselmi (nata nel 1927, partigiana, esponente della DC, prima donna a diventare ministro) - la Resistenza non sarebbe stata possibile. Qualunque storico voglia onestamente descrivere quanto è avvenuto non può più prescindere da questa realtà. Visti in prospettiva acquistano valore anche fatti che, isolati, non avevano il significato profondo che oggi possiamo loro attribuire. Alle donne, all’interno delle brigate partigiane, venivano assegnati ruoli tradizionali; esse venivano viste come staffette, come coloro che portavano il sostegno materiale, la salvezza dei prigionieri, eccetera. Ma anche dal punto di vista militare la presenza delle donne ha avuto un peso che all’inizio gli stessi comandi partigiani non vedevano con la forza, lo sviluppo, l’incidenza che poi ha avuto. (…) La Resistenza per le donne cattoliche rappresentava un motivo in più di riflessione, perché poneva l’interrogativo, che sembra un po’ paradossale, sul diritto di uccidere: fino a che punto era legittimo mettere a rischio la vita delle persone? Se m’imbatto con l’altra parte come devo reagire? Ho il diritto di uccidere per affermare un’idea? La risposta non era scontata, era un problema vero. La donna cattolica è stata chiamata al dovere di una presenza, che era anche un diritto: bisognava esserci per accelerare la fine della guerra. È stato un impegno per la libertà. Una presenza di pace anche se ha fatto azioni di guerra.
Nell’insegnamento della Chiesa era molto forte la legittimazione di una guerra che doveva riconquistare agli uomini la libertà. La fede ha dato la forza di fare delle scelte anche dirompenti, rischiose, trasgressive. Tutta la cultura che il fascismo ci aveva dato negava la libertà. Lottare per la libertà ci ha dato la spinta per impegnarci in politica. La partecipazione credo sia il contenuto più ricco che il mondo cattolico abbia dato alla Resistenza. Partecipazione che non finisce nell’episodio militare, che va oltre e che diventa impegno politico per la vita.”

C.G.

 

 

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