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Opache “follie” e topolini. 

 

A seguito di una delle sue prime “lucide follie” del Silvio Nazionale, era nata qualche mese fa, l’idea del “Piano Casa” che avrebbe dovuto rilanciare l’economia italiota a discapito del “Bel Paese” che non c’è più. Tanti, compreso il sottoscritto, si erano affannati chi ad osannare chi a denigrare chi a tentare dei distinguo per la nuova paturnia del Capo.

Un’intuizione che, alla luce delle diverse leggi Regionali che man mano nascono, non può sottrarsi ad una buona mano di “sidol” interpretativo per renderla fattibile e appunto lucida. Si dirà che ciò che conta sono le idee: non ne dubito ma non certo in modo così strampalato. 

Solo chi pende sempre dalla bocca dell’oracolo di Arcore, non si è accorto che un vero e proprio “Piano Casa” - inteso nel senso urbanistico sociale ed amministrativo del termine quale dovrebbe essere un largo ed organico provvedimento di rilancio dell’edilizia nazionale - è tutt’altra questione. Compreso l’effetto mediatico della “battuta” che ignorava l’obbligazione specifica a carico delle Regioni. Forse qualche Consigliere l’ha dovuto richiamare dopo aver (ri) Letta la costituzione.

Da una prima e sommaria disamina della nostra Legge Regionale appena approvata non senza forti critiche, mi pare che ben poco è rimasto dell’“opaca follia” iniziale perché come tutte le cose, ci si deve confrontare con le miriadi di leggi e contro-leggi del settore e diventa improponibile la reiterazione della deregulation insita nella disastrosa proposta.

Pessima era infatti l’idea iniziale di fare in fretta e senza particolari controlli o griglie burocratiche, una sorta di binario ad alta velocità senza stazioni. Un by-pass contro il quale mi batto da sempre per la delicatezza della materia e dei possibili errori irrimediabili al territorio. Il “genio” italiano l’ha sempre fatta da padrone in un paese che vive di provvisorietà e d’estemporaneità delle regole che cambiano “in corso”, anziché basarsi sulla certezza e durata dei diritti-doveri e delle responsabilità individuali nel gestire la cosa pubblica. Si favoriscono, attraverso condoni sanatoria e scudi di diversa natura, i soliti “furbi”.

Ora spetta al Comune applicarla, disattenderla e valutare singole opzioni: meno male! Resto dell’avviso e auspico che le scelte nel nostro Comune facciano parte di un compendio specifico allegato al Progetto del PGT nel capitolo delle “Regole” e che li vi si trovino fondamenta e coerenza nell’applicazione rigida della nuova possibilità edificatoria.

Alcuni picchetti che personalmente ritengo ineludibili e vedrei bene nella fase prescrittiva sono:

  •  giustificare l’extravolume con il reperimento degli standards insorgenti;

  • nessuna concessione a chi ha già usufruito di condoni o sanatorie

  • nessuna concessione a chi ha realizzato “sottotetti"

  • la coerenza zonizzativa col PRG-PGT.

Su questi specifici punti non mollerò mai la presa.

Del resto il PGT non doveva essere “già pronto” di questi tempi? Nessuno sente il dovere di spiegare il perché alla gente di Cernusco?

Quanto al “Piano cosa”: la montagna ha partorito il topolino. Una volta tanto la “lucida follia” rimane opaca. Meno male.

Sergio Pozzi

 

CernuscoInsieme non si assume nessuna responsabilità legata al presente comunicato

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