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L’INTERVENTO CHE AVREI VOLUTO FARE
NELL’ULTIMO INCONTRO PER IL PGT.

 

Al Sindaco.

Ti ho fatto avere un mio personalissimo studio che ho intitolato CERNUSCO SUL NAVIGLIO LA CITTA’ CHE NON ATTRAVERSO’ L’ATLANITICO, aggiungendo un NON in più rispetto al titolo originale di un libro, scritto nel 2006, da Laurent Vidal dell’Università La Rochelle, autore di diverse pubblicazioni sulla storia delle città e delle società urbane. Ho mutuato il titolo e le citazioni che potrebbero fare al caso nostro, di tutt’altro spessore culturale rispetto alle mie modeste valutazioni.

Il libro racconta della singolare vicenda di una città, enclave della cristianità in terra infedele catapultata da un giorno all’altro nel Nuovo Mondo. Eretta nel cinquecento dalla corona portoghese, la piazzaforte marocchina di Mazagao, una zattera di pietra a cavallo fra la terra-ferma e l’oceano, resisterà eroicamente per più di due secoli alle incursioni e agli assedi dei mori, divenendo il simbolo delle Reconquista e il fiore all’occhiello dell’amministrazione lusitana, tanto che qualcuno ne scrisse il De bello. I regnanti portoghesi avevano però mire ben più ambiziose in Brasile, terra dell’oro che come un miraggio, si estende al di là dell’Atlantico, e non esitano a trasferire i suoi coraggiosi soldati della fede, nel cuore  dell’Amazzonia, dove, una volta fondata Nuova Mazagao, dovranno dimenticare il loro glorioso passato e ricominciare da zero.

E così, nel 1769, per i cittadini di Mazagao ha inizio un lungo periplo destinato a concludersi molti anni dopo: un viaggio che li vedrà sostare a Lisbona prima di fendere le acque e li lascerà abbandonati a se stessi a Belém, in attesa che le mura e le abitazioni della nuova città siano pronti ad ospitarli. Ecco che sorge spontanea una prima domanda: Ma è possibile spostare una città da un continente all’altro senza farle mutare natura? E dopo tutti quegli anni le persone che sono partite possono davvero dirsi le stesse al loro arrivo? Sono le vicende e il destino di una città divisa fra tre continenti, una nuova moderna odissea. La questione mi ha incuriosito. Non tanto perché Cernusco potesse attraversare il Naviglio quanto per le mutazioni temporali e le vicissitudini degli abitanti, che nella storia originale sono al massimo grado, in una città che, non certo si sposta completamente, ma cambia come la nostra. Confesso che forse il paragone non regge, ma da questa storia nascono domande ed interrogativi che pongo in riflessione.

Cernusco come la prima Mazagao: un fiore all’occhiello accerchiato? Un oggetto di mire ambiziose? Cernusco come la seconda Mazagao? Abitanti abbandonati a se stessi? Gli abitanti sono ancora quelli o vittime delle scottanti questioni dell’attualità?

Estrapolando e parafrasando i maggiori interrogativi di Vidal adattandoli alla nostra situazione mi pare che necessiti:  

·       Capire la natura della nostra città in corso di trasferimento storico. E a che cosa si riduce quando la si separa dal suo territorio d’origine e la si fa vivere su un territorio profondamente modificato?

·       Cosa diviene una società urbana quando la si slega dalla sua stessa struttura urbana?

·       Come si prepara una città alla sua modificazione? Come la si modifica? Gli uomini? Le pietre? Le forme? L’immaginario?

·       La modificazione non consiste in una mera traslazione nello spazio: essa costituisce anche uno variazione nel tempo. Per queste ragioni è necessario rendere conto fra la città ed i suoi abitanti con le molteplici temporalità durante la modificazione.

·       In che modo la sensibilità di tale comunità viene intaccata da queste molteplici esperienze?

·       In questo intervallo di tempo dove si aspettano le nuove mura e si ricordano quelle abbandonate la comunità di Cernusco riuscirà ad evolversi senza dissolversi?

·       In questo periodo storico “completamente determinato dalle cose che non sono più e da quelle che non sono ancora” (H. Arendt, Tra passato e futuro) le regole sociali possono venire scombinate da nuove esperienze e l’ordine sociale può risultare minacciato?

·       Ma tutti sappiamo che al tempo del trasferimento segue il tempo della rinascita. Una volta smontata, trasportata, momentaneamente installata, di nuovo trasportata e provvisoriamente reinstallata, la città deve essere rimontata. Non è sufficiente ricostruire le mura. “Bisogna considerare lo spirito della città” (Alain Musset, Villes nomade du Nouveau Monde).

 “O assumere uno statuto scientifico debole per arrivare a risultati rilevanti, o assumere unop statuto scientifico forte per arrivare a risultati di scarso rilievo” (Carlo Ginzburg, L’inquisitore come antropologo)

 

Ai Tecnici incaricati.

·       Solo attraverso un’indagine rigorosa e serrata, riusciremo a scovare tracce ed indizi in grado di fornirci indicazioni sul vissuto sociale dei nostri cittadini.

·       Solo analizzandoi dati e situazioni del passato remoto e di quello appena tarscorso che si possono trovare indirizzi e rimedi. Dati e situazioni che devono essere patrimonio di tutti.  

·       Non accontentiamoci delle indicazioni contenute negli archivi. Interroghiamo i nostri cittadini per riuscire a sapere che cosa nascondono nel quotidiano. Ascoltate la città.

“Il rumore delle distanze traversate”(Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto)

Ai Politici.

·       Qual è l’ambizione? Quella di ricostruire Cernusco, corpo sociale coeso intorno ad una memoria collettiva, un corpo sociale che condivide un destino comune e che si evolve in uno specifico spazio politico. Insomma una città dal cuore antico.

Fine della storia? La storia della prima Mazagao magrebina datava 1514. La seconda Mazagao detta Nova venne fondata in Brasile nel 1770 e ora è nello stato dell’Amapà, praticamente sull’equatore, una specie di “vetrina-bancarella” che si anima una volta all’anno. Ho visto i resti, anche umani della prima Mazagao brasiliana e poco distante, appunto, la Mazagao regeneraçao del 1833 dove il 25 julho si celebra la festa di San Tiago “matamoros”. Nel 1915 divenne Mazagao Velho perché si fondò Mazaganopolis o Mazagao Novo sita a 40 km. dalla prima, più vicina alla capitale Macapà. Fine della storia? No so. Se il potente ed immenso Rio delle Amazzoni alzerà il suo livello, anche l’ultima delle quattro Mazagao sparirà. In questa città ha lavorato per tanti anni un nostro Missionario Cernuschese.

Al ritardo iniziale del convegno, sono seguiti interventi eccessivamente lunghi e prolissi taluni giustificativi del proprio operato financo auto incensanti di cui non si sentiva proprio il bisogno. Solo un ex Sindaco ha ammesso un “errore culturale” su un fatto specifico. Poca propositività per il futuro, assenza di tensione ideale. In tutto il convegno è mancata l’urbanistica. La gente si attende cose concrete e meno elenco della spesa. Lo sussurravano in tanti. Da qui lo sfoltimento delle persone tanto che già un’ora prima della fine la sala era più che dimezzata. Gl’interventi dei cittadini, come sempre, sono stati compressi (bisognava contenerli in 10 minuti) per forza di cose. Ma poi, un relatore ci ha  spiegato che “non erano previsti”(!). Forse ci voleva maggiore chiarezza nella presentazione del convegno. L’avessi saputo, sarei rimasto a casa.

Resta un fatto, per me molto deludente, incredibilmente negativo. Gl’invocati e vanamente attesi dati sullo sviluppo edilizio ed urbanistico e sulla crescita della popolazione e lo stato delle dotazioni, elementi indispensabili per “sollecitare” la partecipazione dei cittadini, ancora una volta non sono disponibili, perpetuando una pessima abitudine di tutte le ultime Amministrazioni Comunali. Forse ci verranno dati quando il progetto sarà già confezionato. Ma il vero problema è che i dati ci sono. Ci devono essere per forza perché senza quelli non ci sarebbero i tempi strettissimi che il team progettuale si è dotato. Mentre ne accennavo nell’asfittico mio intervento, uno dei Progettisti sul palco annuiva. Così come mi era stato confermato da un altro Progettista durante i primi dibattiti monotematici. I dati ci sono!

Perché il “popolo” non è informato?  Non merita d’esserlo?

 “Quassù è un po’ come in esilio, bisogna pur trovare una specie di sfogo, bisogna ben sperare in qualche cosa” (Dino Buzzati, Il deserto dei tartari)

POZZI SERGIO

Cernusco, 24 gennaio 2009


 

CernuscoInsieme non si assume nessuna responsabilità legata al presente comunicato

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